Solo 78 atleti hanno concluso in tempo il TotDret, scoppia la polemica dei ritirati

In molti si sono ritirati a Cuney, convinti di non arrivare a Oyace per tempo. Salvo, poi, subire una vera e propria beffa: cancelli spostati di un’ora e mezza in corso d’opera. Nicoletti: “E’ un ultra-trail, non una passeggiata".
Cuney
Speciale Trail, Sport

Come per tutte le prime volte, c’era grande attesa e curiosità per questa prima edizione del Tot Dret, gara di 130 km con 12.000 m D+ partita mercoledì 13 settembre che si “accoda” al Tor des Géants. Una gara che, di fatto, organizzativamente parlando ha potuto sfruttare tutta la macchina messa su per il Tor, con qualche ritocco o aggiunta e che ha attirato 375 iscritti, dei quali però solo 298 erano alla partenza da Gressoney.

È facile immaginare che, per un popolo cresciuto con il mito del Tor des Géants, l’opportunità di mettersi alla prova su un tracciato che sembra abbordabile sia stata subito golosa e stimolante: visto l’alto numero di trail in Valle d’Aosta e i numeri di partecipanti, questo tipo di attività è stata sempre più sdoganata e probabilmente l’idea che fare un trail non sia così impossibile si è instillata nella testa di molti. Così si può spiegare l’alta affluenza di persone valdostane al Tot Dret. Dall’altro lato, però, c’è un’organizzazione – VDA trailers – che vuole dare prestigio alle proprie gare soprattutto dal punto di vista sportivo, non creando un prodotto per trailer impreparati ma una vera e propria competizione, se non d’élite, quasi. Così si può spiegare, quindi, l’altra faccia della medaglia, ossia dei cancelli orari molto severi. “Deve essere chiaro a tutti che il Tot Dret non è un mezzo Tor, ma è un ultra-trail, una gara vera e propria”, spiega Alessandra Nicoletti. “Non ci sono gli stessi servizi, non ci sono le stesse condizioni del Tor des Géants perché non è il Tor des Géants”.

Questi due aspetti non sono destinati a convivere, e questa prima edizione del Tot Dret lo dimostra: su 298 partenti (dei 77 iscritti ma non partiti, qualcuno si è probabilmente lasciato scoraggiare da questi tempi), solo 78 sono arrivati al traguardo nei tempi previsti. Ieri, giovedì 14 settembre, siamo stati al Rifugio Cuney dalla tarda mattinata, e la polemica ha iniziato a montare abbastanza rapidamente. Molti, infatti, giunti al punto di rilevamento cronometrico hanno iniziato a fare qualche calcolo, e hanno pensato – forse con troppo pessimismo – di non potercela fare: dopo quello di Valtournenche delle 7 del mattino, costato la gara solo a 4 persone, il cancello orario successivo sarebbe stato quello di Oyace, fissato per le 17. Di mezzo, c’è stata anche una notte non facile, soprattutto nella zona della Fenetre de Tsan.

La frustrazione degli atleti
“Io parto, vado a fare la vittima sacrificale”, diceva qualcuno all’inizio, “tanto so già che non starò mai nei tempi”. La coscienza dell’impossibilità dell’impresa aumenta ed attraversa diverse fasi: lo sconforto, la rabbia, la commozione. “Tanto siamo fuori: chi ce la fa fare di continuare per almeno altre 5 ore fino ad Oyace con queste condizioni meteo per poi non arrivare comunque in tempo?”. In effetti, fuori imperversa la tempesta, con pioggia fitta e folate di vento molto potenti. Di conseguenza, aumentano le persone all’interno della tensostruttura di Cuney che, allo stesso tempo, aspettano che spiova ma non si decidono neanche a ritirarsi. Ormai ci saranno una trentina di runners (paradossalmente, i più rilassati sono quelli che partecipano al Tor des Géants, che non hanno questo problema), che si danno manforte; quelli del Tot Dret sembrano tutti orientati al ritiro. “Io non sono stata presa al Tor, quindi mi hanno proposto il Tot Dret”, racconta un’atleta. “Ho accettato, anche perché mio marito fa il Tor e sarebbe stato bello incontrarci lungo i sentieri, ma i cancelli orari non erano stati indicati, nella mail che mi hanno mandato. Purtroppo con questi sbarramenti il mio percorso termina qui”, confessa con gli occhi gonfi. “Durante la prima fase dell’iscrizione non erano stati indicati i tempi di percorrenza, dicendo che li avrebbero comunicati in seguito”, dice un corridore di fuori Valle. “Hanno poi indicato 35 ore come tempo massimo, salvo poi regalarci tre ore. Ma che differenza vuoi che ci sia tra 35 e 38?”. Uno dei volontari chiede a una ragazza se ha dormito un po’, ma la risposta è eloquente: “Macché dormire, non facciamo neanche in tempo a mangiare…”. Non si parla d’altro, c’è chi punta il dito anche su un’iscrizione (200 €) troppo onerosa per potervi rinunciare una volta scoperti i tempi, chi sul fatto che la gente così non si diverta. C’è anche chi si ribella: “Io non mi ritiro, voglio che mi squalifichino, altrimenti così la diamo vinta a loro!”. Ad un certo punto si sparge anche la voce che gli sbarramenti orari siano stati alzati; la notizia viene smentita e gli orari iniziali confermati: “Confermata la demenza…”. A conti fatti, quasi tutti optano per ritirarsi e tornare indietro al Magià, dove una navetta li attende. Verso le due del pomeriggio, i ritiri di Cuney scritti a mano sul registro sono una decina, mentre al Magià, circa un’ora dopo, si sfiorano i 50 (è probabile che diversi ritirati si ripetano). Al telefono c’è chi racconta: “Quando abbiamo chiesto ai volontari se, secondo loro, con questo tempo saremmo arrivati al cancello orario successivo, in genere hanno mostrato la loro perplessità. Non ci hanno consigliato di ritirarci, ma ci hanno fatto capire che non ce l’avremmo fatta. Peccato, perché l’organizzazione, la partenza, i volontari lungo il percorso hanno creato un’atmosfera e un’esperienza bellissime”.

Questo aspetto non è andato molto giù ad Alessandra Nicoletti: “Il ruolo dei volontari non è quello di consigliare ai corridori di fermarsi. È stata una leggerezza da parte loro, e gliel’ho fatto presente per raddrizzare questa situazione”. E, su chi ha deciso di ritirarsi: “Si presume che chi si iscrive ad un trail ami la montagna e sappia prendere decisioni con la propria testa, senza doversi accodare alle decisioni di altri corridori o ai “suggerimenti” dei volontari. Le tabelle orarie erano chiare fin dall’inizio, ”.

Una vera e propria beffa
Lasciato il Rifugio Magià attorno alle 16 con tante persone rassegnate ed arrabbiate, ad un’ora dalla chiusura di Oyace la situazione dei cancelli orari non sembra essere cambiata. Alle 17.20, però, sul sito del Tor des Géants appare la notizia che tutti i cancelli sono stati ampliati di un’ora e mezza: 18.30 a Oyace, 22.30 Ollomont, 4.30 di venerdì a Saint-Rhémy-en-Bosses e 12.30 per concludere i 130 km a Courmayeur. Dei 148 giunti ad Oyace, per esempio, 23 sono stati i “salvati” dalle nuove barriere, mentre in 7 sono arrivati dopo le 18.30. Nicoletti spiega che, dopo aver fatto i dovuti calcoli, sono stati costretti a correre ai ripari e apportare questo cambiamento, prendendo questa decisione circa un’ora prima della comunicazione sul sito.

Ormai, però, era troppo tardi per molti di quelli che si erano ritirati a Cuney, una vera e propria beffa perché qualcuno avrebbe comunque tentato di arrivare ad Oyace, se avesse saputo per tempo di questi cambiamenti. Lo si può notare dai commenti al post di Facebook sulla pagina del Tor des Géants in cui viene comunicato lo spostamento delle barriere orarie: “Magari dicendolo per tempo uno non si ritirava! Alle ore 13 a Magia erano confermati i cancelli iniziali!”, “Vergognoso e poco rispettoso per chi si è fermato pensando di non arrivare al cancello successivo”, “Pessimo comportamento….cambiare in corso d’opera…tanti runner con la meteo e vostri primi cancelli hanno mollato, x poi scoprire che avrebbero potuto continuare….senza parole”.

Che i calcoli fossero stati sbagliati fin dall’inizio lo si può capire dalle previsioni di vittoria date dall’organizzazione: il primo era atteso a Courmayeur a mezzogiorno, dopo 15 ore, mentre Cesare Clap, il vincitore, ha chiuso in 24h15’11”. “Abbiamo fatto i calcoli basandoci sui tempi di top runners”, è la replica di Nicoletti, “Cesare Clap è un grande corridore ed è stato bravissimo ma, senza nulla togliergli, se non ci fosse stata la pioggia uno come Giuliano Cavallo, giusto per fare un esempio, probabilmente si sarebbe avvicinato a quei tempi”.

L’obiettivo di VDA Trailers per il prossimo anno, quindi, rimane quello di mantenere Tor des Géants e Tot Dret come due manifestazioni distinte, con il secondo che vuole candidarsi ad essere una gara importante: “E’ un ultra-trail, puntiamo ad attrarre sempre più atleti di livello. Deve essere ben chiaro a tutti che non si tratta di una passeggiata ma di una vera gara”. Visti i numeri di quest’anno, resterà da capire a quanti iscritti può puntare una competizione simile.

Uno spaccato della giornata di ieri al TotDret nel video riassunto del GruppoMatou.tv

0 risposte

  1. Il commento della Nicoletti lascia capire che è una persona che non si sa mettere in discussione , poco esperta di montagna ,di meteo, e di sicurezza! Si permette di dare lezione a tutti quando è la prima a commettere errori eclatanti ! I cancelli non si spostano in corso d opera se non per situazioni estreme , se si fa si comunica a tutti i volontari, tecnici e rifugi in modo che i concorrenti riescano a saperlo! Una gara da più di 100 km deve prevedere anche cibo caldo! Senza parlare di gps!

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