Alpe a Congresso, il nuovo Presidente è Roberto Cunéaz. La Lega spacca le opinioni del “Galletto”

Alpe arriva a riunirsi nel suo momento più difficile. A guidarla, ora, saranno Cunéaz ed i due Vice Rudda e Centelleghe. In un Congresso dai piccoli numeri a tener banco è l’alleanza in regione con la Lega.
Pietro Varisella
Politica

Alpe arriva al Congresso nel suo momento più difficile, e con il fiato corto. Da un lato i risultati delle Elezioni regionali del 20 maggio che hanno visto sì la riconferma di Albert Chatrian, Patrizia Morelli e Chantal Certan a fronte però di due seggi persi, dal momento che nel 2013 i consiglieri del “Galletto” erano in 5.

Poi le defezioni, da quelle lontane nel tempo dei fondatori (da Louvin a Riccarand passando per Perrin) a quelle più recenti con l’abbandono di Alberto Bertin – riconfermato in Consiglio Valle, ma con Impegno Civico – a quelle di più stretta attualità, e non prive di polemiche, di Loris Sartore e Paolo Fedi cui si aggiunge la posizione di Giuliana Lamastra, fuori dal gruppo in Comune ad Aosta, ma formalmente ancora in Alpe. Poi c’è il caso del Presidente dimissionato Alexis Vallet del quale oggi si cerca il sostituto, assente al Congresso e che ha tuonato contro l’alleanza con la Lega per formare la maggioranza in Regione.

A conti fatti, anche a scorrere l’elenco del Direttivo Alpe, le caselle vuote sono tante: Bruno Chaussod, Ornella Cheillon, Michèle Chenuil, Livio Dezzutto, Valeria Fadda, Loredana Faletti, Paolo Pili, Paolo Scoffone, Gianluca Strata. E altri ancora, da Vietti a Carlo Curtaz, a Dina Squarzino e Irisi Morandi ai Tamone padre e figlio. Oggi in diretta l’ultimo abbandono, quello di Eugenio Torrione che lascia e ritira la disponibilità di far parte del nuovo Direttivo. In questo, la sala del Duca d’Aosta, che contiene agilmente il Congresso, rende l’idea della confusione che regna in Alpe. 

Nel mezzo, dal Congresso del giugno 2015 a Châtillon che elesse Vallet, tanti passaggi: Alpe di lotta e Alpe – quella del Ribaltone – di governo, il ritorno all’opposizione, le condanne a Chatrian e Morelli e infine il “Gruppo dei Dieci” – la “Große Koalition” con Ac-Sa-Pnv e Mouv’ – a braccetto con Lega ed Emily Rini per cubare a 18 e governare la Regione.

Qui, i nomi della nuova “triade” che guiderà Alpe emergono subito – Roberto Cunéaz , Vicesindaco di Sarre, alla Presidenza con i Vice Erica Rudda ed Eric Centelleghe – ma è l’accordo con la Lega, giocoforza, il “focus” del Congresso Alpe. Gli interventi si dividono tra chi è d’accordo, come il Vice presidente uscente Pietro Varisella, e chi no: “Con la Lega credo che possiamo intravedere solo un percorso amministrativo e non una ‘alleanza di idee’, ma per dare governo ad una Regione abbandonata e ferma. Abbiamo ribadito più volte con la Lega che noi ci saremmo mantenuti mani e voce libera in tutti i giudizi che esprimeremo sull’azione del governo nazionale e anche su quello locale che possa vederci su posizioni opposte a livello ideologico. Siamo andati alle trattative con la voglia di scardinare un sistema che abbiamo combattuto per tutti questi anni, motivo della nascita di Alpe”.

Ci crede anche Corrado Cometto: “Si dice che l’accordo con Lega potrebbe affossare Alpe, ma mi metto in panni di consiglieri: quanto sarebbe comodo per loro fare anni in opposizione tranquilli? Però sanno che la differenza si fa governando. Se abbiamo la clava per dare un colpo al sistema dobbiamo prenderla senza guardare che colore ha”.

Opinione diametralmente opposta quella di Marco Gheller: “In questi momenti di confusione occorre ancorarsi ai principi fondanti di Alpe, e i nostri valori parlano chiaro: noi e la Lega siamo agli antipodi, tutto ci divide”.

Più ficcante Giuliana Lamastra, che parte dalle elezioni: “Abbiamo perso clamorosamente, siamo falliti. Hanno preso tre consiglieri anche partiti nati ieri come Mouv’ e Impegno Civico, una lista civica. Alpe ha governato, pure bene, e qualche riflessione va fatta. Che senso ha oggi l’esistenza di questo ormai piccolo movimento in Valle d’Aosta? Ne abbiamo ancora? Qual è nostro posizionamento?”. Poi l’attacco alle scelte di coalizione: “Non potevo stare in Consiglio comunale ad Aosta a tenere una posizione del movimento che non è la mia: un accordo con la Lega di Salvini non lo possiamo fare. Noi in Consiglio comunale li conosciamo, la Lega non è diversa da quella nazionale”.

Anche l’altra Vice uscente, Carmen Jacquemet, è critica: “Con la Lega – si chiede e si risponde – noi cos’abbiamo da spartire? Purtroppo nulla. Come facciamo a costruire qualcosa di diverso da un governo di scopo? E dobbiamo farci piacere che la ‘stampella’ arrivi dall’Uv e che sia Emily Rini, folgorata sulla via di Damasco? Io continuo a vedere la grande assente: la politica”.

Albert Chatrian, consigliere regionale rieletto, punta i riflettori su un altro argomento: “Chi scappa ha sempre torto, ancora oggi non sappiamo perché Bertin ci abbia abbandonato. Se avessimo tenuto ad Aosta oggi avremmo 5 seggi, l’unico movimento che avrebbe tenuto. Serve un’Alpe 3.0 che sia più ‘territorio’, che dovrà rendicontare ogni tre mesi il lavoro fatto e la pianificazione futura, dire le cose come stanno e avere un po’ di coraggio per fare scelte epocali”.

Che Alpe sia “a due marce”, lo spiega anche l’intervento di Chantal Certan: “Andare con l’Union avrebbe voluto dire rinunciare a tutto quello che abbiamo fatto finora, in un sistema non rinnovato. La cosa più facile per Alpe sarebbe stato andare comodamente in opposizione. Se oggi, con responsabilità, Alpe ha intravisto la possibilità di un percorso con altre persone l’ha fatto con tutto il gruppo, tutto un movimento che a differenza di altri io ritrovo a pieno”.

0 risposte

  1. Non intendo assolutamente entrare nel merito della opportunità’ o meno delle decisioni assunte da Alpe riguardo alla formazione ed appoggio ad un governo a guida leghista in Valle d’Aosta.Mi rivolgo alla Consigliera Morelli in particolare.L’avevo votata convintamente come candidata al senato nel 2013.Sappia che idealmente Le ritiro il voto alla luce delle decisioni assunte in questi giorni.So che questo sfogo non ha ripercussioni concrete ma consideratelo come un segnale di dissenso .

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