Ossa ritrovate a Saumont, per i pm nessuna responsabilità altrui nella morte di Giampiero Ugolin

Le analisi forensi sul teschio e sul femore venuti alla luce, lo scorso gennaio, durante un addestramento militare, presentano esito coerente con gli accertamenti dei Carabinieri. I pm Ceccanti e Introvigne hanno chiesto l’archiviazione del fascicolo.
Giampiero Ugolin
Cronaca

Per la Procura di Aosta, il caso nato lo scorso 11 gennaio dal ritrovamento di alcune ossa umane durante un addestramento militare in regione Saumont, nel capoluogo regionale, è chiuso. I pubblici ministeri Luca Ceccanti e Carlo Introvigne hanno inoltrato, al Gip del Tribunale, richiesta di archiviazione del fascicolo aperto all’indomani del rinvenimento, di cui erano co-titolari. Fondamentale è stata la relazione sull’esame forense effettuato sui resti. Ottenuta, nello scorso marzo, a livello genetico, la conferma che il femore e il teschio emersi dalla fitta vegetazione della zona appartenessero a Gianpiero Ugolin, classe 1947, le altre analisi effettuate hanno condotto gli inquirenti a escludere responsabilità altrui nella morte dell’ex dipendente delle Poste e fotografo per passione.

Il decesso è stato datato dagli esami all’autunno 2014, periodo cui risalgono anche le ultime notizie certe sull’uomo. Inoltre, la sostanziale integrità delle ossa ha portato a concludere che il corpo non fosse precipitato dallo scosceso costone di roccia sotto il quale i resti erano venuti alla luce. Nemmeno gli accertamenti tossicologici, infine, hanno dato esito positivo. Un quadro dal quale emerge come profondamente verosimile il gesto autonomo, suicida. L’ipotesi è ritenuta prevalere su quella accidentale, tra l’altro, per la presenza – assieme ai resti – di una bottiglia di whisky e di un revolver Derringer, un calibro 6 degli anni settanta, che l’uomo deteneva regolarmente, ma che non è risultato aver sparato. Una traccia tuttavia riconducibile ad una volontà, magari perseguita all’ultimo in altro modo (nel contesto va collocata anche la rigidità delle temperature, durante le ore notturne, in quell’area alle pendici del Buthier).

Parallelamente agli accertamenti scientifici, i Carabinieri del Nucleo Investigativo, su mandato della Procura, avevano scandagliato la vita dell’uomo. Oltre agli apprezzamenti per le sue virtù fotografiche (Ugolin era noto per l’abilità nel ritocco manuale, direttamente in camera oscura, delle immagini che scattava, quando le tecnologie informatiche oggi molto diffuse ancora non esistevano) non avevano trovato “ombre”, mettendo però a fuoco un’esistenza molto riservata, quasi impalpabile. Non si era giunti a testimonianze di legami stabili e chi lo aveva conosciuto ha potuto riferire poco sul suo privato (e meno ancora sulla sua “scomparsa”), limitandosi a definirla una persona disillusa. Anche una parente, una sorella, rintracciata dai militari aveva ammesso di non intrattenere rapporti assidui con lui, oltretutto da prima che si perdessero le sue tracce pubbliche.

Ugolin era stato cancellato “per irreperibilità” dall’anagrafe aostana. Nella sua abitazione non risultava mancare nulla e la movimentazione bancaria del suo conto corrente si era “congelata” con la “sparizione”. Elementi ritenuti dai due Sostituti del procuratore capo Paolo Fortuna che hanno lavorato sul caso coerenti, pure in termini cronologico-temporali, con le risultanze degli esami genetici e forensi condotti sulle ossa. Un mosaico di accertamenti, di stampo moderno e tradizionale, dal quale prende forma un’immagine complessiva – proprio come in uno dei “ritocchi” che appassionavano Ugolin (fino a valergli la copertina di uno dei primi manuali del noto software “Photoshop”) – in cui la mano altrui si palesa quale elemento estraneo alla figura risultante.

Insomma, l’oscurità della camera al riparo della quale l’abile fotografo sviluppava le sue pellicole, e che agli occhi dei Carabinieri comandati dal tenente colonnello Maurizio Pinardi pare aver avvolto, come una coperta rassicurante, buona parte della sua esistenza, sembra proprio essere stata tinta dominante anche dell’ultimo viaggio da lui affrontato. Alcuni, rafforzati in tale convincimento da accenni del diretto interessato negli ultimi incontri, lo credevano verso un paese esotico, a caccia di “scatti”, ma la destinazione, letta dalle conclusioni raggiunte dagli inquirenti, pare malauguratamente meno esotica.

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