“Mimmo” Avati e il Casinò, un binomio già emerso nell’inchiesta sull’Impero Rollandin

Nella richiesta (poi respinta) del pm Ceccanti di arrestare l’ex presidente della Regione, il nome dell’odierno indagato per corruzione elettorale spunta al centro di un filone che, per gli inquirenti, era meritevole di approfondimento investigativo.
procura, aosta
Cronaca

Il nome di Domenico “Mimmo” Avati, unico iscritto ad oggi nel fascicolo per corruzione elettorale emerso stamane con la perquisizione svolta nella sua abitazione dai Carabinieri di Châtillon/Saint-Vincent su disposizione della Procura, non è nuovo alle cronache recenti. Compare infatti, per quanto non in veste di indagato, nella richiesta avanzata lo scorso gennaio dal pm Luca Ceccanti al Gip del Tribunale (che la ha poi respinta a fine aprile) di arrestare l’ex presidente della Regione Augusto Rollandin, nell’ambito dell’inchiesta su un presunto giro di corruzione in Valle d’Aosta.

Il 53enne, residente a Saint-Vincent e dipendente della Casa da gioco, è il protagonista di una conversazione intercettata dai militari del Nucleo Investigativo il 9 ottobre 2017. Al telefono con lui c’era Matteo Fratini, consulente del lavoro aostano, definito dagli inquirenti “personaggio estremamente attivo nell’acquisizione di posizione di potere nell’ambito dell’amministrazione regionale” e figura sulla quale, per il pm, Rollandin esercita un “significativo ascendente”. In quel dialogo, Avati esprime al suo interlocutore la volontà di recuperare il vecchio incarico di direttore del personale del Casinò.

Nella ricostruzione della Procura, “considerate le difficoltà della Giunta all’epoca presieduta da Pierluigi Marquis”, l’oggi indagato per corruzione elettorale concorda “con lo stesso Fratini le strategie da scegliere per ottenere l’obiettivo” e lo prega di “riferire a Rollandin le sue richieste e, in generale, di intercedere con l’ex presidente per l’ottenimento dell’incarico”. La conversazione tra i due si caratterizza, rileva il pm, per “l’assoluta deferenza mostrata” da entrambi nei confronti del già Capo dell’Esecutivo, visto come l’“unica persona da cui dipendono i destini e le fortune di coloro che aspirano a ruoli, di vertice o meno, all’interno” della Regione e “delle società partecipate”.

Il filone era di quelli che il sostituto procuratore Ceccanti riteneva necessario approfondire, e per questo era giunto alla determinazione di chiedere di arrestare l’ex Presidente della Regione, considerato che se “lasciato a piede libero, una volta presa integrale conoscenza degli atti, sicuramente porrebbe in essere atti finalizzati all’alterazione della genuinità del materiale probatorio”, considerata pure la “capacità di Rollandin di controllare e influenzare tutte le persone a lui legate da vincoli di amicizia e/o interesse”.

Al telefono, Avati dice a Fratini di volere “un incontro a tre, barra quattro…” per discutere del problema. Al momento di elencare i partecipanti, definisce Rollandin “nostro papà” (parole che, per gli inquirenti, sottolineano “in modo suggestivo ma emblematico”, l’indiscussa “sottomissione al volere del potente ex Presidente”) ed aggiunge di volere anche la presenza del “futuro presidente e l’assessore competente…”, perché “per riprendermi il ruolo che avevo, voglio le mie condizioni…”, siccome “io non mi vado a bruciare”.

Dopo quella telefonata, prosegue la ricomposizione dei fatti del pm, “Fratini si attiva immediatamente provocando l’intervento di Rollandin”, che decide “di ‘dare udienza’ ad Avati e di valutare le sue richieste di ottenimento dell’incarico presso il Casinò”. Il dipendente della casa da gioco e il politico si sentono quindi per fissare l’appuntamento, che avviene il pomeriggio del 16 ottobre in un bar di via Torino. Tra gli avventori casualmente nel locale all’ora convenuta ci sono anche i Carabinieri del Reparto operativo, che annotano come i due abbiano discusso “per circa cinque minuti della situazione del Casinò”.

Va precisato che, nei pochi giorni tra il contatto tra Fratini e Avati e l’incontro di quest’ultimo con l’ex presidente, si era consumato il “controribaltone”: la Giunta Marquis era naufragata, con l’Esecutivo presieduto da Laurent Viérin ad aver visto la luce. Significativa “della posizione di potere assoluto in cui si trova Rollandin”, nonostante la sua posizione di “semplice” consigliere regionale, tanto da essere “in grado di imporre la sua volontà senza alcuna fatica”, è, secondo gli inquirenti, una telefonata tra lui e il neo-assessore alle finanze (con delega al Casinò) Ego Perron, seguita all’incontro nel bar aostano.

Ad un certo punto, Rollandin intima al collega di partito: “avanti… vai avanti!… vai avanti!… e tutto… bisogna (incomprensibile)… Di Matteo eh?… avvisa anche Laurent eh… scusa… qui succede di tutto” e, dopo la rassicurazione “…lo chiamo subito” di Perron, aggiunge “…e deve stoppare tutt…(incomprensibile)… appalti… abbiamo già fatto sicurezza, appalti… tutto fuori!… tutto fuori!…”.

Il 17 ottobre, Avati e Fratini si telefonano nuovamente e “preso atto dell’intervento di Rollandin”, di fatto concordano “nel ritenere che questi risolverà ogni problema legato alla gestione del Casinò”. Ricordando l’incontro del giorno prima, il dipendente del Casinò racconta al consulente del lavoro “poi quando gli ho raccontato tutta una serie di cose ha detto che questi stanno continuando a spianare… pan pan… a raffica, eh… gli ho spiegato chi e come… con che criteri…”.

Parole e circostanze che, nella visione degli inquirenti, sulla base anche della menzione di appalti e del Presidente della Giunta in carica nelle conversazioni, pur non valicando in quel momento “la soglia indiziaria sufficiente per la ravvisabilità di fattispecie di reato”, avrebbero meritato un approfondimento investigativo. Il mancato accoglimento della misura richiesta per Rollandin, come premesso dal pm stesso nel delineare come dall’episodio menzionato derivasse una esigenza cautelare, lo ha reso improbo. La lettura di quelle carte immerge tuttavia nel “milieu” della Casa da gioco, in cui – è l’ipotesi del pm Ceccanti (titolare anche del fascicolo riguardante le recenti “regionali”) – si sarebbero verificati gli episodi di corruzione elettorale per i quali Avati (al momento, da solo) è finito sotto inchiesta.

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