Incidente di capodanno: i perché delle accuse ai dirigenti Sav

Il pm Carlo Introvigne addebita negligenza, imprudenza ed imperizia ai due manager accusati di omicidio colposo per la morte della 19enne Federica Banfi, avvenuta in un incidente sull'A5.
Autostrada (foto d'archivio)
Cronaca

Alla base dell’incidente della notte di capodanno sull’A5, costato la vita alla diciannovenne Federica Banfi, vi sarebbero negligenza, imprudenza ed imperizia dei due dirigenti della società concessionaria Sav indagati. In particolare, Fernando Fabrizio e Federico Caniggia – nelle rispettive posizioni di consigliere di amministrazione (con procura speciale per la manutenzione dell’autostrada) e di responsabile dell’area esercizio – non avrebbero organizzato un servizio di manutenzione e salatura della carreggiata efficace, contribuendo così a non garantire condizioni di sicurezza tali da impedire il sinistro dal tragico bilancio.

E’ la tesi del pm Carlo Introvigne, che – a conclusione delle indagini preliminari – contesta ai due manager il reato di omicidio colposo aggravato. Secondo quanto appurato nell’inchiesta, al momento dello schianto (attorno alle 23), nei pressi della galleria Garin era presente una coltre di ghiaccio che rendeva la carreggiata impraticabile, tanto che non molto prima si erano verificati ulteriori sinistri, per quanto senza danni a persone. Per il Sostituto procuratore, una situazione da ricondurre alla “Procedura operativa per la gestione della viabilità invernale” adottata dai due dirigenti per la stagione invernale 2017/8, valutata sostanzialmente inefficace.

Il perché è nel fatto che il piano messo a punto prevedeva il passaggio dei mezzi spargisale solo alla fine del loro percorso nel tratto tra Châtillon e Nus, verso Aosta. Proprio in quella zona, secondo il pubblico ministero, la presenza di corsi d’acqua in prossimità dell’autostrada, nonché di diversi viadotti e di zone poco esposte per l’intera giornata rende più facile, in determinate condizioni atmosferiche, il formarsi sull’asfalto di uno strato ghiacciato scivolosissimo, simile a vetro. Un fenomeno noto come verglas, o gelicidio.

Quella notte, nella ricostruzione degli inquirenti, le condizioni erano estramente pericolose e non solo l’autostrada non era stata chiusa, ma il mezzo spargisale che avrebbe potuto evitare il gelicidio era giunto sul luogo circa dieci minuti dopo l’incidente mortale, quasi al termine del suo itinerario. Con l’A5 impraticabile, l’autista del furgone Ducato sul quale viaggiavano Federica ed altri ragazzi degli oratori del milanese in Valle per una vacanza, diretto ad Aosta per i festeggiamenti di piazza Chanoux, perdeva il controllo, intraversandosi e, dopo essersi fermato perpendicolarmente alla carreggiata, non riusciva a ripartire né a spostarsi.

A quel punto – continua lo scenario emerso dalle indagini della Polstrada, integrate da una perizia tecnica disposta dal pm, sviluppata dal geometra Luigi Bracci – il conducente del bus Volvo B12 che sopraggiungeva (con altri componenti del gruppo a bordo) non poteva fermare, né frenare in tempo il mezzo, che centrava in pieno la fiancata destra del mini-van. Nell’impatto, la 19enne moriva sul colpo e otto persone (tra le quali lo stesso autista) riportavano lesioni per cui, per quattro di loro, si era reso necessario il ricovero ospedaliero in prognosi riservata.

I due indagati hanno ora una ventina di giorni per chiedere al pm di essere sentiti, oppure di compiere ulteriori atti d’inchiesta, nonché per produrre documentazione o memorie difensive. Trascorso tale termine, la Procura, alla luce delle eventuali nuove risultanze, deciderà se procedere con la richiesta al Gup di rinvio a giudizio, o di archiviazione delle posizioni contestate.

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