‘Ndrangheta, operazione Hybris: “Ciò che preoccupa è l’omertà della gente”

“Condotta con appostamenti, pedinamenti, intercettazioni ambientali e telefoniche – ha spiegato il Comandante Massimiliano Rocco – l'indagine iniziata un anno fa ci ha permesso di scoprire un substrato culturale di stampo mafioso incredibile”.
Le quattro persone arrestate: Ferdinando Taccone, Vincenzo Taccone, Claudio Taccone e Santo Mammoliti
Cronaca

“Ciò che ci preoccupa di più, in questa storia, è l’omertà assoluta in cui è stata affogata dalla gente che è stata coinvolta o che semplicemente sapeva. Vorremmo che ci fosse una reazione sociale rispetto a questa tipologia di eventi, e non solo paura”. Parole amare, quelle pronunciate questa mattina dal tenente colonnello dei Carabinieri di Aosta, Cesare Lenti, durante la conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell’operazione che ha portato all’arresto di quattro persone: Claudio Taccone, 45 anni, apparentato con la famiglia Pesce di Rosarno (RC), i figli Vincenzo (21 anni) e Ferdinando (20 anni), e Santo Mammoliti, (39 anni, agli arresti domiciliari). Una quinta persona, di cui non sono state rese note le generalità, è ricercata dai carabinieri per gli stessi reati.

“E’ stata un’indagine complessa – ha spiegato il Comandante dei Carabinieri Massimiliano Rocco – condotta con appostamenti, pedinamenti, intercettazioni ambientali e telefoniche, che ci ha permesso di mettere insieme i pezzi del puzzle e di scoprire un substrato culturale di stampo mafioso incredibile”. In particolare, secondo Rocco, è emerso un quadro “inquietante, in cui appare evidente il collegamento diretto con famiglie calabresi legate all’ndrangheta”.

Operazione “Hybris”: dal rogo del quartiere Dora…
“L’indagine denominata “Hybris”, termine greco che significa “prevaricazione”, è iniziata nel giugno del 2012 – ha spiegato Lenti – quando un’auto prese fuoco nel Quartiere Dora. Il proprietario, un operaio di un’impresa edile, denunciò il fatto sostenendo che si era trattato di un corto circuito”. In realtà, da una serie di perizie emerse che il rogo era di origine dolosa. “Ad appiccare il fuoco erano stati Ferdinando Taccone e l’altra persona ancora in libertà – ha continuato Lenti – che stavano cercando di farsi assumere, probabilmente per coprire altre attività, dalla ditta per cui lavora, in qualità di capo cantiere, il fratello della vittima”. Le minacce, insieme con altri danneggiamenti e atti di violenza nei confronti dei figli e dei famigliari dell’operario non si sono però fermati, anche perché i due estorsori non sono stati assunti. Nessuno, però, hai mai denunciato questi fatti, se non in maniera generica, senza fornire nomi o possibile connessioni con la malavita.

…all’accoltellamento di Aosta…
Qualche mese più tardi, nell’ottobre del 2012, la famiglia Taccone, ed in particolare i "Calabria Boys", come secondo i Carabinieri i due ragazzi "amano farsi chiamare nell’ambiente del divertimento notturno aostano", tornano a colpire. Questa volta, a farne le spese sono Domenico e Fortunato Tripodi (padre e figlio, ndr), rispettivamente di 59 e 18 anni, accoltellati in casa propria ad Aosta da Vincenzo, Ferdinando e un terzo ragazzo, minorenne. Il padre era intervenuto solo in un secondo momento, dopo la richiesta di aiuto del figlio, ricevendo una coltellata alla gola. “Alla base della lite sembrava che ci fossero futili motivi di tipo sentimentale – spiegano i Carabinieri – ma in realtà, sempre da quanto emerso dalle intercettazioni, sembra invece che a innescare la spirale di violenza, pianificata dal padre dei ragazzi, Claudio, sia stata un’offesa – “I Taccone non sanno scannare” – rivolta dalla giovane vittima a uno degli aggressori in una precedente occasione”. Un atto di violenza che a quanto pare andava contro gli “ordini” provenienti dalla Calabria, tanto da meritare anche un richiamo proveniente dall’alto, perché la vittima sarebbe stato riconducibile alla famiglia dei Facchineri.

…fino alle recenti aggressioni
“Gli ultimi episodi di violenza commessi dalla famiglia Taccone – hanno spiegato ancora le forze dell’ordine – sono stati nei confronti di un corriere della droga, successivamente fermato con 50 chilogrammi di marijuana e ora in carcere, aggredito da Claudio Taccone e vittima di estorsione da parte di Santo Mammoliti, che gli chiese una quota periodica di 100 euro e poi una cifra una tantum di 5mila euro, insieme al complice poi fuggito per paura di ritorsioni, dopo l’ennesimo richiamo dalla Calabria”.

“Dopo la perquisizione mettete tutto a posto”
“Da una parte è evidente che abbiamo a che fare di soggetti pericolosissimi per le loro modalità operative – ha concluso il Comandante Rocco – anche e soprattutto per l’appoggio che possono contare da parte delle loro famiglie d’origine. Dall’altra si tratta di ragazzi, senza lavoro e con una bassa scolarizzazione, cresciuti con il culto dell’ndrangheta e con l’unico obiettivo di scalarne la gerarchia interna. Questa mattina, quando abbiamo eseguito l’ordine di custodia cautelare in carcere, uno di loro con fare sprezzante ha ordinato: “Dopo la perquisizione mettete tutto a posto”. 

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