‘Ndrangheta, arrestate quattro persone appartenenti al clan dei Pesce

Claudio Taccone, i figli Ferdinando e Vincenzo, e Santo Mammoliti sono accusati di diversi reati tra i quali tentata estorsione, danneggiamento, incendio, rapina, tentato omicidio e lesioni personali, con l’aggravante del metodo mafioso.
Le quattro persone arrestate: Ferdinando Taccone, Vincenzo Taccone, Claudio Taccone e Santo Mammoliti
Cronaca

Per i reati di tentata estorsione, danneggiamento a seguito di incendio, rapina, tentato omicidio e lesioni personali, alle 5.30 di questa mattina i Carabinieri di Aosta, con la collaborazione di personale della Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro, hanno dato esecuzione ad ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Torino su richiesta della D.D.A. del capoluogo piemontese nei confronti di esponenti della famiglia di ‘ndrangheta dei “Pesce” di Rosarno.

In carcere ad Aosta sono finiti Claudio Taccone, 45 anni residente a Saint-Marcel, insieme al figlio Vincenzo (21 anni), mentre alla stessa ora, a San Ferdinando, Piana di Gioia Tauro, veniva arrestato uno degli altri figli, Ferdinando, di 20 anni. Il provvedimento ha interessato anche Santo Mammoliti, 39 anni di Aosta, per il quale sono stati disposti invece gli arresti domiciliari. Una quinta persona, di cui non sono state rese note le generalità, è ricercata dai carabinieri per gli stessi reati.

Le indagini, iniziate nel mese di giugno 2012 sono state coordinate dalla D.D.A. di Torino e condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Aosta. L’identità dei quattro arrestati e ulteriori particolari saranno resi noti nel corso della conferenza stampa che si terrà in mattinata presso il Comando Gruppo Carabinieri di Aosta.

Il clan dei Pesce
I Pesce sono una delle più potenti cosche della ‘ndrangheta che ha la propria base operativa nella Piana di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, con un esercito di affiliati e una miriade di ‘ndrine, con interessi che si estendono da Reggio Calabria a Milano. Il clan gestisce tutti i traffici dell’area di Gioia Tauro, dal porto alla droga, dalle estorsioni al controllo dei mercati agricoli.

 

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