Sport dei figli, con passione, ma senza ossessione

La pedagogista Licia Coppo nella sua rubrica "Basta un po' di educazione" analizza il sempre attuale tema delle attività sportive dei figli. Rispondono ai loro bisogni? Sono sostenibili per le famiglie? Quando ha più senso rinunciare?
Basta un po’ di educazione

Ottobre, insieme alla scuola sono riprese le attività sportive dei figli. Insieme a quelle, le corse matte di mamme e papà per portarne uno a basket, l’altra a danza e, magari, pure un piccolino a nuoto. In internet si trova pure un adesivo con la scritta “MamaTaxi”, da apporre sul vetro della propria auto. Non vi nascondo che a volte ci ho fatto pure io un pensierino…Indubbiamente noi genitori 2.0 corriamo tanto, anche per offrire il meglio ai nostri figli; siamo “i genitori delle opportunità”. Vogliamo, giustamente, far star bene i nostri figli, farli crescere in salute, e lo sport risponde a questo obiettivo. Però (in educazione c’è spesso un “però”), prima di lanciare i nostri figli piccolini in un’attività sportiva, varrebbe la pena farsi queste domande:

1) Quali sono le attitudini di mio figlio, cioè ‘potrebbe riuscire bene in quella attività sportiva’? Non c’è niente di più frustrante per un bambino che fare uno sport nel quale proprio non riesce a esprimersi o, peggio, fare uno sport che risponde più alla passione di uno dei genitori, che alla propria.

2) Quali sono i bisogni di mio figlio? Ci sono bambini che hanno proprio bisogno di giochi di squadra, per lavorare sulle regole e sulla socializzazione, altri che funzionano meglio nelle attività individuali.

3) Riusciamo a sostenere quella attività sportiva, come impegno energetico ed economico, in famiglia? Ho visto in questi anni famiglie che facevano salti mortali per soddisfare quel figlio, magari fratello di altri due, per portarlo a allenamenti e gare, o che rinunciavano alle vacanze per pagare la retta annuale alla società sportiva, nel caso di sport molto costosi.

Lo so, queste ultime riflessioni sembrano un po' ciniche e rattristano; “ma come, vuoi mortificare tuo figlio impedendogli di fare lo sport che tanto ama?”. No, si tratterebbe di pensarci prima; in educazione vale il principio del “pensiero anticipato”. Quando i bambini sono piccoli, intorno ai 6-7 anni, e vogliono sperimentare qualche sport, saremo noi adulti a indirizzarli. E lo faremo, alla luce delle energie e delle economie familiari; se ben spiegato, non è mortificante ma educativo capire che in famiglia ci sono anche altri con le loro esigenze, che quello sport non ce lo si può permettere.

Sono così tanti gli sport, tutti belli, ognuno con le proprie peculiarità! Un bambino piccolo può capire; un adolescente, meno. Anzi, lui sì che potrebbe viverla come una frustrazione; ecco perché prevenire sarebbe opportuno. Come, al contrario, quando i figli crescono, è importante che quello sport lo facciano per passione, perché li gratifica, e non solo perché mamma e papà lo vogliono e insistono. O perché lo fa da anni. Non è così che si lavora sulla motivazione. Ma sulla questione di come sostenerli, incoraggiarli, tenere viva la loro passione, aiutarli a non mollare un’attività e un impegno preso, ne parleremo in altre occasioni.

Quello che aggiungo oggi, dato che molte famiglie in questi giorni sono ancora in fase di orientamento sulla scelta dello sport del figlio, è: fateli provare, osservate vostro figlio, vostra figlia, prendete informazioni su quella disciplina, confrontatevi con gli altri genitori. Proverà un anno, magari scoprirà che proprio gli piace ed è il suo sport, magari il prossimo anno cambierà. Se l’ “ambiente” che annusate intorno a voi non vi convince, lasciate stare: so di molti genitori in un angolo sugli spalti della partita di calcio del figlio, in visibile imbarazzo per il tifo sfegatato di altri. Se posso essere un po' diretta, non fatevi venire l’ossessione che debba a tutti i costi fare quello sport, perché fa bene; sul nuoto, per esempio, si sente spesso dire questa frase. Spesso diventa il secondo sport, magari solo una volta alla settimana, perché è importante saper nuotare, e poi fa bene alla crescita. Sì, ma deve piacere! Senno è una fatica. Se poi, nostro figlio di 8 anni, oltre ai pomeriggi in piscina, ha già altri due allenamenti di un altro sport, un pomeriggio col corso di inglese e uno col catechismo, ecco, forse dalla passione stiamo scivolando sull’ossessione.

Lo sport deve, nei bambini, nutrire anche il loro bisogno di gioco ed evasione! Deve essere un luogo dove incontrano degli amici! Se diventa un lavoro, allora forse dobbiamo alleggerire l’agenda. Perché nel loro planning settimanale, a quell’età, deve rimanere spazio per il gioco libero e destrutturato. Questo non vuol dire fargli saltare l’allenamento perché sono stanchi o, quel pomeriggio, hanno troppi compiti; anzi, lo sport aiuta i bambini e i ragazzi ad imparare ad organizzarsi lo studio nei giorni precedenti. Spesso, i ragazzi che fanno sport a livello agonistico, guarda caso vanno anche bene a scuola. Infine, l’ultima scherzosa tirata di orecchie: se vi fanno arrabbiare, non toglietegli l’allenamento come punizione. Con tutto quello che possiamo toglier loro, quello proprio no! Direi che togliere Tv, Play station o cellulare, fa decisamente meglio alla salute!

 

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