Giocare fa bene da 0 a 90 anni, ma ogni età ha il suo gioco

Il gioco è significativo nella crescita, perché svolge una funzione strutturante dell’intera personalità. Ma tutti i giochi vanno bene e sono utili? No, i giochi vanno bene se offrono stimoli adeguati e pertinenti all’età del bambino.
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Basta un po’ di educazione

Estate, tempi dilatati e occasioni di riordino. Giorni fa con mio figlio tredicenne ci siamo dedicati allo scaffale dei giochi; di anno in anno tanti vengono tolti e regalati. Sono bei momenti non solo perché si fa un po’ di sano decluttering, ma perché scatta la dinamica del “oh, ricordi quanto hai giocato con questo carretto?”, “ehi, il mio libro sonoro”. Lo ammetto, io alcuni loro giochi speciali li ho tenuti. Un po’ per ricordo, un po’ per metterli a disposizione di chi arriva a casa nostra con figli piccoli. Eh già, perché io uscivo di casa con un arsenale di giochi nella borsa, oggi molte famiglie 2.0 escono senza nulla. Che tanto, al massimo, “gli diamo un po’ il cellulare per farlo stare bravo”. Ma anche no! Proviamo allora a dirci due cose sull’importanza del gioco, e soprattutto su quali giochi siano adatti in base all’età.

Innanzitutto, chiariamoci: il gioco per i bambini non è solo passatempo. Il gioco forma la mente, e favorisce anche lo sviluppo affettivo e sociale. Ricordo anni fa che un’amica sportiva, abituata a portarsi la bambina con sé nelle corse a piedi o in bici, mi disse: “mannaggia, da quando Marta ha iniziato la scuola materna, non vuole più venire con me! Vuole solo più giocare a casa. Sarà normale?” Assolutamente normalissima…la bambina. ?  Anzi, è proprio sana!

Il gioco è significativo nella crescita, perché svolge una funzione strutturante dell’intera personalità. Ma tutti i giochi vanno bene e sono utili? No, i giochi vanno bene se offrono stimoli adeguati e pertinenti all’età del bambino.

0-3 anni la regola è: manipolare, tirare, incastrare, infilare, montare e smontare. Quel carretto della foto, con cubi in legno di varie forme e colore, ha fatto la storia in casa nostra. Il legno è sempre un bel materiale per i piccolini, più ‘natur’ della plastica. Soprattutto efficace quando viene usato come arma di attacco da tirare in testa ad un fratello. Ma vabbè, quella è un’altra storia. Ma non demonizziamo la plastica a priori! Qualcosina di carino c’è anche per i piccoli, ma occhio ai giochi troppo sonori o con iper-stimolazioni, dove schiacci un tasto e il gioco fa mille azioni. A che serve un gioco che gioca da solo? Il bambino in questa fascia di età (come nelle altre) non deve essere spettatore, ma parte attiva. Rispetto a giochini sul tablet, sarò lapidaria. E’ un chiaro NO. Per me la regola del 3-6-9-12 dello psichiatra infantile Tisseron è sempre valida. Lui esclude addirittura tutti gli schermi fino a 3 anni. Io dico che dopo i 18/24 mesi si possono usare un pochino i cartoni animati, giusto per sopravvivere a certi giorni nefasti.

3-6 anni è semplice: tutto quello che viene proposto e insegnato alla scuola dell’infanzia, proponetelo anche a casa. Funziona! I giochi simbolici (quanti caffè finti ci siamo bevuti nella vita noi genitori, eh?), le costruzioni, e poi tanti giochi all’aperto. Qui un po’ di tecnologia possiamo mettercela? Chiederete voi; sì, ma gradatamente, molto gradatamente. Sempre accompagnata e presidiata da un adulto. No al bambino lasciato solo per un’ora sul tablet o alla play. E se devo scegliere tra il puzzle sul tablet e quello reale, tra il mitico MineCraft e i mattoncini reali, andate ancora sul reale. Ci sono studi che evidenziano un chiaro collegamento tra lo sviluppo della motricità fine, l’integrazione visuo-motoria e lo sviluppo di abilità cognitive. Per semplificare, significa che il cervello non riceve stimoli così adeguati nel fare continui movimenti touch su un tablet. Meglio infilare perline, per dire. O fare gli scooby doo. O incollare pezzettini colorati.

6-11 quanto si gioca: ampia fascia di età, dove le possibilità sono tante, ma certamente non devono mancare i Lego (dateli anche alle femmine, please!). Quando si passa a quelli più complessi, pensate quanto aiutano la capacità di strutturare il metodo (certe istruzioni sono più complesse di un esame di Analisi 2 all’Università!). E dopo questi, ci sarà il meccano e poi magari i trafori. E i bambolotti da vestire (dateli anche ai maschi, please!), le casettine con personaggi in miniatura, il disegno (tanto disegno!), e molti giochi da tavolo e…e va bene! Sì, qui le consolle di gioco ci stanno. Ma ancora una volta, magari iniziamo con il mitico Mario Kart, con giochi sportivi, prima di farli approdare ai giochi sparatutto. Che, quasi sempre, hanno il codice Pegi 12, quindi perché vengono dati ai bambini di 7 anni? Sui giochi elettronici farò una rubrica dedicata, ma certo bisogna documentarsi prima di dare un gioco, vedere che non stimoli in modo disfunzionale; riporto un estratto da un post del collega pedagogista Fabio Olivieri, a commento di un articolo uscito sulla rivista “Scientific American”, a proposito della tendenza alla corsa da parte di molti genitori all’acquisto di ‘giochi educativi’ per favorire lo sviluppo precoce delle abilità del bambino. Innanzitutto, “prima non è meglio”, come dice egregiamente il collega; poi aggiunge: “non sono gli schermi a generare disturbi ma il tipo di programma o di gioco cui si ricorre; se cambiano scena velocemente o aumentano la velocità delle azioni finiscono col corrompere il ‘metronomo interno’ del bambino. Questo ritmo falsato sembrerebbe essere alla base del disturbo dell’attenzione. Ci sono buone probabilità che una sovrastimolazione finisca per incidere sul circuito del glutammato e quindi sulla futura disponibilità alle dipendenze.” Non è per terrorizzarvi, però certe cose è bene saperle.

11-13 si cambia: un po’ sono bambini, un po’ vogliono fare i grandi. Giocare serve ancora, serve sempre. La battaglia con i fucili Nerf piace ancora, ma sicuramente avevano iniziato ben prima a farla. Vi prego, non pensate che se ai maschi piace giocare con pistole o archi siano dei futuri serial killer. Fa un po’ parte della maschitudine. Ancora una volta, l’importante è dare i giochi adatti. I proiettili a espanso sono sicuri, e consentono di divertirsi. Le battaglie a quest’età per i maschi si spostano soprattutto online. Il che ci sta, ma ripeto occhio al tipo di gioco e alla quantità di tempo. Va regolamentato! E se il codice Pegi è 18, forse lasciarlo in uso a 11 anni è un po’ presto, che dite? Le femmine tenderebbero a giocare meno a quest’età, quindi vanno trovati giochi creativi che ancora stimolino la loro voglia di cimentarsi. Altrimenti poi il cellulare la fa da padrone!

14-90: giocare serve sempre, la capacità ludica non dovremmo perderla mai! Non diventiamo adulti seriosi, manteniamo sempre il piacere di giocare, non solo con i nostri figli. Come diceva bene Winnicott, il gioco è sempre un’esperienza creativa che ci permette di entrare in contatto col nucleo del nostro sé ed esprimere a pieno la nostra personalità. Detto in parole semplici, giocare fa bene da 0 a 90 anni!

Quindi, per coerenza, dato che sto per partire per le vacanze di famiglia, lascio la rubrica in pausa per un mese. Mi aspetta parecchio lavoro, tra partite a scala 40, dama, scacchi, giochi da tavola, ping pong e racchettoni in spiaggia. Sarà un duro lavoro! Ma qualcuno lo deve pur fare…

 

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