Lo charaban scricchiola sotto il peso del tempo che cambia

Un sessantesimo anniversario segnato dalla perdita di Vautherin vede un Giacosa non da sold-out, sintomo del momento delicato per il teatro popolare.
Charaban 2018
Cultura

Nell’anno in cui lo Charaban festeggia il suo 60imo anniversario, i 50 anni di attività e ricorda Raymond Vautherin, scomparso a febbraio, forse in molti si aspettavano qualcosa di più.
Il linguista e drammaturgo valdostano è stato ricordato da tutti e la sua fotografia ha accolto il pubblico a lato del palco. Per celebrarlo gli attori hanno dato vita ai suoi storici racconti regolarmente pubblicati sul Messager Valdôtain: “Déferente conte de Dzan fin et Dzan fou”.

Lo zoccolo duro di pubblico resiste, ma la magia sembra essere svanita, lasciando il posto a una formula che forse non fa più presa sul pubblico valdostano in generale, non solo su quello in grado di parlare e capire il patois. Le code chilometriche al botteghino le settimane prima per accaparrarsi i biglietti migliori non sono più quelle di una volta e i posti vuoti al rintocco della seconda campanella, che segna l’inizio dello spettacolo, ora si notano di più.

Il classico bottiglione di vino del valdostano avvinazzato è scomparso da qualche anno sulle scene, ma non è riuscito a portarsi via lo stereotipo dell’allevatore che non capisce le procedure burocratiche o quello della giovane donna che cerca di fare fesso il vecchio consigliere regionale; nemmeno le battute sul mondo politico “de inque” sembrano cercare una nuova via d’uscita dal solito refrain sulle buste paga degli inquilini di Piazza Deffeyes.

Cercare di stare al passo coi tempi non è semplice, la società valdostana è cambiata e i giovani che seguono il teatro popolare sono sempre meno, ma forse è anche il contenuto delle pièce a tagliare fuori una buona fetta di pubblico che potenzialmente potrebbe avvicinarsi a questo spettacolo. Contemporaneamente una realtà come il Printemps Théâtrale fa il pieno di giovani nel pubblico e nelle compagnie, mentre lo Charaban assiste sempre più a uscite che a ingressi, nonostante quest’anno una nuova attrice dia speranza alla compagnia: per la prima volta si presenta sulla scena del Teatro Giacosa la giovane Fabiana Charbonnier, già attrice della Rigolada di Gignod. Le difficoltà nel reperire persone in grado di scrivere testi in patois e di adattarli al linguaggio teatrale non fanno che aumentare il momento storico delicato per l’arte del teatro popolare.

Gli attori non demeritano in nessun modo. Elena Martinetto, una storica della “benda”, come sempre regge a meraviglia anche le pièce meno strutturate, dando ritmo e divertendo, ma non basta, sembra che le trame scivolino via senza lasciare traccia, come in un gesto di resa nei confronti del mondo che cambia troppo velocemente lasciando indietro un pezzo di cultura valdostana che nel tempo ha avuto alti e bassi, ma che forse ora deve davvero ripensare alla sua comicità.

Evergreen che non deluderà mai le scenografie. A ogni apertura di sipario la sorpresa è sempre la stessa e la bravura degli scenografi (e di chi posiziona le scenografia, i famosi “tramamoublo”), fa davvero pensare al grande potenziale di un teatro che potrebbe essere molto più vivo e contemporaneo, ma che negli anni ha un po’ smesso di guardare alla società in cambiamento per ripiegarsi su se stesso e vedere solo il mondo fino a Pont-Saint-Martin.

0 risposte

  1. La critica è sempre ben accetta, quando è costruttiva. Purtroppo ci rendiamo conto anche noi, che i nostri pezzi non sempre lasciano la traccia. Cerchiamo però come meglio siamo capaci, di bilanciare, ossia di accontentare sia il nostro pubblico più anziano e affezionato che quello più giovane. Naturalmente facciamo la guerra con le armi che abbiamo. Purtroppo in Valle non fioriamo di autori, pertanto chiediamo (anche a coloro che ci criticano) di proporsi in tal senso, ne saremmo ben felici. Quanto all’assistere “sempre più ad uscite che ingressi mentre il Printemps fa il pienone” mi consenta di dissentire; mezza sala per una sola sera, con ben due compagnie in cui ciascuno degli attori porta lo zio la nonna ecc.ecc. Il vero pubblico “pagante” potrà contare sulle 30/40 unità? Noi ne facciamo 3500. Ma ripeto: ciascuno fa la guerra con le armi che ha, e con ciò non vogliamo certo sminuire il Printemps, al quale facciamo i nostri complimenti, e anzi ben vengano tutte queste iniziative nei paesi, segno che i giovani valdostani ci tengono alle loro tradizioni. Ricordo inoltre che finora nessuna compagnia, anche professionista,di fuori Valle, è riuscita a fare questi numeri. Mi viene quindi da chiedermi: non è che che lei abbia sbagliato teatro? Il direttore de “Lo Charaban” . Sergio Jovial

    1. Ma mi faccia il piacere! “nessuna compagnia, anche professionista,di fuori Valle, è riuscita a fare questi numeri.” ???
      Ci sono compagnie di fuori Valle…ma cosa dico..dei semplici spettacoli…neanche delle compagnie vere e proprie che girano tutta italia e registrano ingressi da più di mille persone ogni sera…altro che 3500 in 7 giorni!
      Condivido il resto del suo pensiero…ma dire che finora in Italia non si sono visti numeri di questo tipo mi sembra MOLTO eccessivo!

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