Costi della politica: le decisioni, caso per caso, della Corte di Cassazione

Solo per otto consiglieri ed ex, condannati in Appelllo, la vicenda processuale legata all'uso, nella legislatura 2008-2013, dei fondi per i Gruppi del Consiglio Valle può dirsi chiusa. La Suprema Corte è infatti intervenuta in maniera articolata.
Palazzo di giustizia di Torino
Cronaca

La decisione di ieri della sesta Sezione della Corte di Cassazione, nella sostanza conferma tredici responsabilità penali stabilite nel processo d'Appello sui costi della politica e cancella integralmente due condanne. Tuttavia, i giudici sono intervenuti, in maniera articolata, rispetto ad alcuni episodi contenuti in diverse delle sentenze d'appello. Si tratta di singole contestazioni, che anche annullate non arrivano ad esentare interamente i tredici consiglieri regionali, ed ex, dai reati per cui sono stati ritenuti colpevoli dai magistrati torinesi. Però, dalla scelta di modificare parzialmente i verdetti a loro carico consegue, in molti casi, uno strascico della vicenda processuale, che solo in otto casi può dirsi chiusa definitivamente con l'udienza di ieri.

Chi esce definitivamente di scena

La Cassazione ha anzitutto annullato, senza rinvio, le sentenze impugnate da Dario Comé e Marco Viérin (Stella Alpina, entrambi condannati in secondo grado ad 1 anno e 10 mesi per peculato), perché “il fatto non sussiste”. Pertanto, il processo si conclude senza responsabilità per entrambi. Il secondo era stato interessato dalla sospensione dalla funzione di consigliere prevista dalla legge "Severino", ma si è dimesso definitivamente dalla carica negli scorsi giorni.

Dopodiché, sono stati dichiarati inammissibili tre ricorsi. Di conseguenza, per i loro presentatori, diventa definitiva la sentenza di secondo grado. Parliamo di: Ruggero Millet (Pd, 6 mesi, indebita percezione di contributi pubblici, pena sospesa), Leonardo La Torre (Fédération Autonomiste, 10 mesi, 24mila euro di multa, finanziamento illecito e indebita percezione di contributi pubblici, sospeso dalla "Severino" e dimissionario qualche tempo dopo) e Claudio Lavoyer (Fédération Autonomiste, 4 mesi, 10mila euro di multa, finanziamento illecito).

Il processo sui “costi della politica” è finito ieri anche per tre allora consiglieri del Pd: Carmela Fontana (in Appello, 1 anno e 10 mesi), Raimondo Donzel (1 anno e 8 mesi) e Gianni Rigo (1 anno e 8 mesi). La Suprema Corte ha annullato alcuni episodi di finanziamento illecito inclusi nelle loro sentenze di secondo grado, perché estinti dalla prescrizione. Non è però stato deciso il rinvio e la Cassazione ha rideterminato direttamente la pena per ognuno ad un anno, sei mesi e venti giorni di reclusione, con la sospensione condizionale e l'interdizione dai pubblici uffici di pari durata (mentre nel verdetto torinese era stata stabilita in via perpetua). Fontana e Donzel, ancora in Consiglio in questa legislatura, erano stati sospesi per effetto dalla "Severino". 

Chi affronterà un nuovo processo

La Corte d'Appello di Torino (ovviamente, attraverso una Sezione diversa da quella del processo già celebrato) dovrà giudicare nuovamente, su un episodio specifico, due ex consiglieri del Pdl, Alberto Zucchi (in appello, 1 anno e 5 mesi, peculato, pena sospesa) e Massimo Lattanzi (2 anni e 4 mesi, peculato e finanziamento illecito).

Per entrambi, infatti, i giudici della Suprema Corte hanno annullato la precedente sentenza, nella parte in cui vengono condannati per finanziamento illecito per l'emissione, avvenuta il 10 marzo 2011, di un assegno da 1500 Euro, a favore dell'Unione Democratica di Centro. Su tale punto, è stato però disposto il rinvio alla Corte d'Appello per il nuovo processo e per rideterminare, quindi, la pena complessiva nei loro confronti.

Se per Zucchi la decisione della Cassazione si chiude così (è stato rigettato il resto del suo ricorso), per Lattanzi (che aveva riportato, a Torino, una delle condanne più significative del procedimento) i magistrati di Roma hanno stabilito anche l'annullamento senza rinvio del peculato rappresentato dal versamento di alcune somme all'allora collega di gruppo Anacleto Benin e del finanziamento illecito costituito dalle spese per una trasferta nella capitale del 20 marzo 2010, dichiarando quest'ultimo episodio estinto perché prescritto. La nuova Corte d'Appello che lo giudicherà dovrà tenerne conto nel ricalcolo della sua pena.

Chi si vedrà ricalcolare la pena

Il ritorno in secondo grado per una nuova valutazione della pena riguarda cinque politici, di cui la Cassazione ha accolto in parte i ricorsi. Vanno quindi ridefinite le pene a loro carico, al netto degli episodi “eliminati” dalla Suprema Corte dalle rispettive sentenze.

Anacleto Benin, ex consigliere del Pdl, uscito dal processo torinese con un verdetto “pesante”, cioé 2 anni e 4 mesi (peculato e finanziamento illecito), si vede annullare il peculato di cui era stato ritenuto responsabile per aver ricevuto dei fondi dal collega Lattanzi. Nessun altro dei motivi per cui ha scelto di ricorrere è stato accolto.

Per Giuseppe Cerise, Roberto Louvin, Allbert Chatrian e Patrizia Morelli – i primi due “ex” e gli altri ancora in Consiglio per “Alpe” (cui in Appello erano stati inflitti, ad ognuno, 4 mesi per finanziamento illecito, pena sospesa) – annullamento della parte di condanna relativa agli stipendi dei collaboratori del Gruppo “perché il fatto non sussiste”, nonché per le spese operate con i bonifici del 31 marzo e del 2 luglio 2010, dichiarate prescritte. Il resto dei loro ricorsi (che riguardava, sostanzialmente, un acquisto di “gadget” e la somma utilizzata per la pubblicazione del bilancio del Gruppo) è stato respinto.

 

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