Società idroelettriche, i Comuni valdostani contro la vendita delle partecipazioni

Per la legge Madia i Comuni non possono avere partecipazioni nell'idroelettrico. Composto un gruppo di lavoro di sindaci per evitare gli effetti della legge. Un decreto sulla Valle d'Aosta, approvato ieri dal Governo Renzi, potrebbe venire in soccorso.
Politica

I comuni coinvolti saranno più della metà dei 74 valdostani. Tra i più colpiti sicuramente ci sarà Fénis, che ha circa 300 mila euro di entrate annue dalla produzione di centraline. L'assemblea dei sindaci del Consorzio permanente degli enti locali si è riunita questa mattina per fare un primo punto riguardo all'obbligo di vendere le eventuali partecipazioni dei Comuni nelle società idroelettriche. L'orientamento che ne è emerso è quello di cercare di evitare che la misura colpisca gli enti locali della Valle d'Aosta.

A rendere obbligatoria la scelta di vendere sarebbe il decreto legge 175 del 2016 in materia di società a partecipazione pubblica, pensato dal ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia. Il testo di legge recita che "le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società".

La questione era stata sollevata dal presidente della Giunta regionale Augusto Rollandin, che la scorsa settimana, all'assemblea del Cpel-Celva, ha ricordato ai sindaci valdostani che "purtroppo entro marzo bisognerà disporre delle procedure pubbliche per vendere le quote di queste società".

"Per i comuni valdostani è una bella tegola", aveva commentato il sindaco di Quart Jean Barocco. Assieme ai colleghi del cda Celva Giulio Grosjacques e Riccardo Bieller e ad altri sindaci di paesi particolarmente colpiti dalla misura come Franco Allera di Cogne, Jury Corradin di Champdepraz e Marco Calchera di Etroubles sarà composto un gruppo di lavoro sul tema.

"Per prima cosa faremo una ricognizione di tutte le partecipazioni – spiega Barocco – e probabilmente, dopo un primo confronto con la nostra avvocatura, individueremo una studio legale specializzato in diritto commerciale che ci assista su tutta la questione". L'obiettivo primo è chiaro: "Cercheremo – cintinua il sindaco – coordinandoci anche con l'Amministrazione regionale, di far escludere la Valle d'Aosta dall'applicazione di questa legge".

Una mano potrebbe arrivare da una norma attuativa sul demanio idrico per la Valle d'Aosta, approvata ieri dal Consiglio dei ministri, su proposto del presidente Matteo Renzi e del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Enrico Costa.

"Il decreto legislativo – recita il comunicato stampa del Governo italiano – è volto a completare il trasferimento alla Regione autonoma Valle d’Aosta, già titolare delle acque pubbliche ad uso irriguo e potabile attribuite al demanio della regione dallo Statuto, con quelle non aventi tali finalità e quindi implicitamente riconducibili all’uso per funzioni meccaniche e di produzione idroelettrica".

Per questo motivo tra i sindaci valdostani non si è ancora discusso di vendita: "Abbiamo ancora tempo a disposizione e quindi non abbiamo toccato questo argomento", conferma Barocco. Se la mediazione tra Comuni, Regione e Governo italiano non dovesse andare in porto si dovrebbe procedere a vendita pubblica, ma circolano anche ipotesi alternative come la costituzione di una holding.

Altra possibilità, per la quale ancora però sarebbe da verificare la concretezza dal punto di vista legale, sarebbe quella di affittare a privati i terreni con sopra le centraline, sommando la redditività dell'impianto con il costo di locazione da versare al Comune. Infine si potrebbe pensare anche ad un acquisto da parte di Cva, che per gli effetti della stessa legge Madia dovrà essere presto quotata in borsa.

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