Padre e figlio condannati per la droga nel “Piccolo chiosco palermitano”

Si tratta di Gioacchino (50 anni) ed Antonino (30 anni) Alamia, denunciati dalla Squadra mobile della Questura di Aosta nell’”Operazione Scirocco”, scattata nei primi mesi del 2014. Assolti altri due imputati.
Cronaca

Ad insospettire la Polizia era stata una circostanza su tutte. Pochissimi dei clienti che entravano nel “Piccolo chiosco palermitano” di via Sant’Anselmo ad Aosta, nel quale venivano vendute specialità gastronomiche, uscivano con del cibo. Era nata così, nei primi mesi del 2014, l’“Operazione Scirocco”, il cui filone processuale si è concluso oggi, al Tribunale di Aosta. Il giudice monocratico Marco Tornatore ha condannato, ad un anno e sei mesi ognuno (oltre a 2000 euro di multa), Gioacchino Alamia, 50 anni, ed il figlio Antonino, 30 anni. 

L’udienza di stamattina era relativa all’accusa di spaccio di stupefacenti (altri reati emersi dagli accertamenti degli inquirenti, come la ricettazione, erano già stati definiti in precedenti procedimenti). Altri due imputati, Francesco Amato, 46 anni, e Andrea Ammendolia, 29 anni, sono stati assolti dai vari reati contestati loro, in parte perché “il fatto non sussiste”, in parte per la “particolare tenuità” di quanto appurato.

Durante il processo, nel quale l’accusa è stata sostenuta dal pubblico ministero Sara Pezzetto, sono emerse altre delle circostanze che avevano indotto la Squadra mobile della Questura ad entrare in azione. Diversi clienti del “Piccolo chiosco”, usciti appunto senza aver acquistato alcunché di gastronomico, erano stati seguiti dagli inquirenti ed avevano, dopo essere stati fermati, riferito di aver acquistato stupefacenti all’interno dell’esercizio commerciale.

Altri elementi delle accuse mosse ai quattro imputati sono stati ricavati dalle intercettazioni telefoniche effettuate dalla Polizia. Da queste emerge che i prodotti alimentari sarebbero stati utilizzati, nel dialogare con i clienti, quale copertura della reale attività del chiosco. “Se prende questi arancini, domani deve portarti i soldi”, dicono in una conversazione ascoltata dagli agenti due degli imputati. Inoltre, in un’altra telefonata si fa riferimento a duecento euro, cifra apparsa poco congrua parlando di una fornitura alimentare modesta, come quella possibile ad un chiosco.

Secondo il quadro ricostruito dagli inquirenti, il sodalizio criminale ruotava attorno ad Antonino Alamia, che confezionava e spacciava lo stupefacente, mentre Gioacchino si occupava dell’approvvigionamento (il sequestro operato nel 2014 dalla Squadra Mobile nel retro dell’attività aveva riguardato, in particolare, hascisc e cocaina). Per la Polizia, che aveva anche rilevato l’assenza di un bagno nel locale, con i gestori che espletavano i loro bisogni in secchi, Amato e Ammendolia erano incaricati dello “smercio” su piazza. Ruoli diversi, quindi, per i quali l’accusa ha chiesto condanne differenti: un anno e sei mesi (e 6.000 euro di multa) per ognuno dei due Alamia; nove mesi e 2.000 euro per Amato e Ammendolia.  

Per parte loro, le difese degli imputati hanno respinto le accuse. Secondo l’avvocato Federica Gilliavod, che difendeva Gioacchino Alamia, “il gip stesso, respingendo la richiesta di custodia cautelare in carcere, ha parlato di risultanze suggestive delle intercettazioni” e, ancora, “tutti hanno confermato di non aver comprato lo stupefacente dal mio cliente”. Valeria Casali, che assisteva il figlio Antonino, ha quindi parlato dell’inesistenza “di elementi per la condanna al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Laura Mangosio, legale di Francesco Amato, ha invece sottolineato l’impossibilità, per il suo cliente, di rivestire ruoli nell’organizzazione, perché “dal febbraio 2014, e per due anni, è entrato in comunità terapeutica, senza possibilità di contatto con soggetti terzi”. Infine, per l’avvocato Federico Parini, difensore di Andrea Ammendolia, “la sostanza stupefacente è stata acquistata una sola volta”. Una strategia difensiva che, sull’aspetto della marginalità di due componenti il sodalizio, rispetto agli altri, ha convinto il giudice Tornatore.

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