Lettera di un padre indignato

Riceviamo e pubblichiamo.
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Mio figlio 11 anni ha subito le inefficienze del reparto pronto soccorso ortopedico di Aosta, noi valdostani non possiamo più sopportare il malfunzionamento di un reparto!

I fatti: il 21/04/18 viene portato al pronto soccorso e viene riscontrata una borsite al ginocchio;

Il 29/04 viene riportato per forte dolore al ginocchio e effettuate ulteriori radiografie viene ingessato con ingessatura rigida;

Il 2/05 viene riportato nuovamente in pronto soccorso per forte dolore e viene rimosso il gesso e messo un gesso morbido(non mi ricordo come si chiama)

Il 5/05 riportato nuovamente in pronto, rimosso di nuovo il gesso, siringato il liquido senza minima anestesia e dato antibiotico per sospetta infezione, senza eseguire la coltura dei batteri;

Abbiamo pregato di fare ulteriori accertamenti, ci hanno detto che ci eravamo alterati!

Morale oggi 7 maggio siamo a Torino al Regina Margherita e il bimbo viene ricoverato perché ha un’infezione al ginocchio!

Hanno fatto l’ecografia che ad Aosta si sono rifiutati di fare, senza che chiedessimo nulla!

Perdonatemi ma non si può accettare tutto ciò!

Non amo mai fare di tutta l’erba un fascio, sicuramente ci sono medici e infermieri competenti e accoglienti all’ospedale di Aosta, spesso però l’unica differenza che noti è: all'Ospedale di Aosta sei un bambino che frigna e un genitore rompiscatole che se prova ad aprire bocca è un maleducato alterato da denunciare; all'ospedale Regina Margherita sei un bambino, vediamo ciò che hai e tu genitore spiegaci bene tutto perché se sei qui è perché ami tuo figlio!

L’accoglienza fa la differenza anche nella serietà e attenzione delle cure! Andrò fino in fondo!

Sicuramente denunciare una cattiva gestione di un’emergenza sanitaria non è facile, sicuramente chi ha agito porterà avanti la sua giustificazione burocratica di protocolli e direttive sanitarie, sicuramente non vincerò!

Ma il punto è: se un protocollo o una direttiva mettono a rischio l’incolumità di una persona, seppur non perseguibili giuridicamente, bisogna lottare affinché quella direttiva o quel protocollo sia cambiato, anche perché: cosa ci guadagna un’azienda sanitaria nel non rendere obbligatori certi accertamenti, attraverso un protocollo, se poi l’utente per garantirsi  l’incolumità della sua salute è costretto ad andare in un altro ospedale in un altra Regione, le cui eventuali cure saranno poi pagate dalla Regione di appartenenza?

Non sarebbe più opportuno evitare tutto questo cinema?

La lotta è questa: non prendere risarcimenti, ma avere qualcosa che strutturalmente funzioni, gli errori poi li possono fare tutti in ogni Regione, su questo non c’è dubbio, ma perché dover scappare altrove perché dove abiti ti snobbano con i loro protocolli?

Mauro Poletti

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