Carabiniere sottrasse denaro da un portafoglio ritrovato: condannato a risarcire l’Arma

Raphael Mangialardo, 32 anni, oggi in congedo, era in servizio nel 2010 alla stazione di Verrès. Per i fatti aveva patteggiato in sede penale e la procura regionale della Corte dei conti gli aveva contestato il danno d’immagine. Dovrà versare 500 euro.
Carabinieri (foto d'archivio)
Cronaca

La Procura regionale della Corte dei conti lo aveva chiamato in giudizio, ipotizzando un danno d’immagine cagionato all’Arma dei Carabinieri. Con sentenza pubblicata venerdì scorso, 11 novembre, è arrivata la condanna. Raphael Mangialardo, 32 anni, originario di Bari, dovrà risarcire l’istituzione danneggiata con cinquecento euro, oltre agli interessi legali e a poco più di quattrocento euro di spese di giudizio.

I fatti dai quali è originata l’indagine contabile risalgono al 2010, quando l’uomo era in servizio come Carabiniere alla stazione di Verrès. Una persona, nel giorno di Santo Stefano, gli aveva consegnato un portafogli ritrovato per strada, contenente denaro in varie valute. Lui, com’era emerso durante il dibattimento nell’aula di piazza Roncas, si era “appropriato delle banconote” e aveva poi “restituito il portafoglio vuoto”. Inoltre, aveva redatto “atti falsi, in particolare una relazione, per bloccare le indagini” avviate dai suoi stessi colleghi.

Per quella vicenda, Mangialardo aveva patteggiato, nel 2011, un anno e quattro mesi di reclusione, per peculato e falso, con sospensione condizionale della pena, dinanzi al Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Aosta. Quindi, l’interessamento della Procura contabile, con il procuratore Rizzi a contestare all’ex Carabiniere (prima venne sospeso, poi trasferito, quindi congedato “per rimozione del grado”) un danno d’immagine da 4000 euro.

In udienza, l’avvocato difensore del “convenuto”, Sabrina Molinar Min, aveva sottolineato come il suo assistito avesse “restituito integralmente la somma, senza nemmeno aver speso quanto percepito. Il fatto che il valore fosse contenuto, e che la condotta non sia stata reiterata nel tempo, sono elementi che si ritengono a favore del convenuto. Oltretutto, non essendo all’epoca una figura apicale nell’organizzazione, non si ritiene possa aver creato disdoro all’intera Arma, anche perché il fatto non ebbe eco mediatica. Il mio cliente cercò di evitare problemi sia alla proprietaria, con la restituzione, sia ai Carabinieri stessi, chiedendo immediatamente il trasferimento, per evitare pettegolezzi”.

In sentenza, i giudici annotano che “il lucro che l’odierno convenuto aveva conseguito grazie al reato di peculato non poteva reputarsi irrisorio, aggirandosi sui 400 euro” e che “l’occasione di quel reato era venuta al Mangialardo non soltanto, com’è ovvio, dalla pubblica funzione esercitata, ma anche dalla fiducia che colui che aveva ritrovato il portafogli aveva riposto nella pubblica amministrazione presso cui prestava servizio il convenuto stesso”. Infine, i magistrati contabili si soffermano sul fatto che l’imputato “aveva inoltre perpetrato un ulteriore reato al fine di occultare l’esistenza stessa di un peculato, nonché la propria responsabilità”.

Fattori che hanno inciso sulla decisione di sentenziare per la condanna, con la cifra da versare determinata ritenendo equa “una somma sostanzialmente analoga a quella da lui rinvenuta nel portafogli”, anche perché “il convenuto rivestiva semplicemente il grado di carabiniere, ossia quello iniziale della carriera nell’Arma”, per cui non può “postularsi che l’entità del danno all’immagine cagionato dal Mangialardo sia stata accentuata dal grado da lui posseduto”. “Infine – si legge ancora in sentenza – appare commendevole la spontanea e tempestiva decisione di ristorare il danno cagionato alla proprietaria del portafogli stesso”.

Con un’altra sentenza, pubblicata sempre alla fine della scorsa settimana, il collegio della Sezione Giurisdizionale per la Valle d’Aosta della Corte dei conti ha poi rigettato la richiesta di danno avanzata dalla Procura nei confronti del 27enne Sergio D’Oca, che nel 2011, in servizio militare al Centro Addestramento Alpino di Aosta, restò coinvolto in un incidente stradale alla guida di un “Ducato” dell’Esercito, sull’autostrada Milano-Venezia. 

Il Procuratore Rizzi, in quel caso, vedeva nella manovra di sorpasso intrapresa dal giovane, durante la quale si verificò il sinistro, elementi di colpa grave, tali da porre i 4413 euro di danni a mezzo a carico del militare. I giudici scrivono però che l’analisi della dinamica dell’incidente “induce a reputare non grave la colpa ascrivibile all’odierno convenuto” e “tale conclusione appare confortata sia dalla circostanza che detto sinistro non abbia provocato danni fisici ad alcuno dei trasportati a bordo dei due veicoli; sia dal fatto che questi ultimi abbiano potuto entrambi proseguire il rispettivo tragitto”.

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