Un 21enne piemontese trovato morto sul Bianco: era partito in solitaria lungo la via Major

Si tratta di Andrea Chaves Lopez di Novi Ligure. Il suo mancato rientro al campeggio ove soggiornava ha fatto scattare il sorvolo, conclusosi con il rinvenimento del cadavere in un crepaccio sul versante della Brenva.
ghiacciaio Brenva
Cronaca

Era partito la scorsa notte, attorno all’una, per arrivare in solitaria in vetta al Monte Bianco percorrendo la via Major, una delle grandi rotte di salita al “tetto d’Europa”. Il suo mancato rientro al campeggio di Courmayeur ove soggiornava ha fatto scattare l’allarme attorno alle 18 di oggi, venerdì 8 settembre, e il sorvolo effettuato dall’elicottero “Sierra Alfa 1” della Protezione civile, con a bordo tecnici e guide del Soccorso Alpino Valdostano, si è concluso individuandolo senza vita dentro un crepaccio terminale ai piedi della via, sul versante della Brenva della montagna, a circa 3.600 metri di altitudine.

Il corpo dell’alpinista, Andrea Chaves Lopez, 21enne di Novi Ligure in provincia diAlessandria, è stato recuperato dai soccorritori in condizioni difficili, a causa della minaccia rappresentata da seracchi a rischio costante di distacco e a fronte di un’imminente evoluzione in peggio delle condizioni meteorologiche. Attualmente, il cadavere è a disposizione dell’autorità giudiziaria alla camera mortuaria di Courmayeur, con il Soccorso Alpino della Guardia di finanza di Entrèves impegnato nelle procedure di riconoscimento formale.

Sulla base del punto del ritrovamento del cadavere, la prima ipotesi, ma le Fiamme gialle sono al lavoro anche sulla dinamica dell'incidente, è che il ragazzo – descritto come competente e non nuovo alle scalate in solitaria, nonostante la giovane età – nell’attraversare un ampio canale, sia stato colpito da una scarica di sassi, o sia scivolato a causa del manto di neve instabile, cadendo e finendo con il precipitare fino al crepaccio alla base della parete. 

Thomas Graham Brown, l’alpinista di origini scozzesi noto per aver realizzato tra gli anni venti e trenta del Novecento il cosiddetto “trittico della Brenva”, vera e propria impresa sul massiccio del Bianco, descrisse in un suo libro tale punto dell’ascensione paragonandolo all’attraversata “di una cascata di spuma”. Un canale “piuttosto ripido e con una rigola ghiacciata profonda diversi metri, nella quale scende senza posa una lavina di neve portata dal forte vento che sta soffiando in cresta”. Sono passati quasi cento anni da quelle righe, ma lo scenario – e le difficoltà – restano immutate.

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