Affaire ritiri, l’ex dirigente Maccari condannato dalla Corte dei Conti a risarcire la Regione

A diciassette anni dai fatti, nuova sentenza sull’“Affaire ritiri”, con i giudici che hanno ravvisato un danno erariale nella gestione, da parte dell’allora Capo ufficio stampa, dei fondi relativi a tornei calcistici con protagoniste squadre di serie A.
L'udienza alla Corte dei Conti.
Cronaca

Diciassette anni dopo l’“Affaire ritiri” fa registrare una nuova condanna. A pronunciarla, i giudici della sezione giurisdizionale per la Valle d’Aosta della Corte dei Conti, nei confronti di Paolo Maccari, che dovrà risarcire l’Amministrazione regionale, di cui era dirigente all’epoca dei fatti  al centro della vicenda, con 25 mila euro.

L’udienza nell’aula di piazza Roncas si era tenuta lo scorso 5 maggio. Il giudizio contabile aveva già visto una sentenza di primo grado, impugnata però dalla Procura regionale. Le sezioni centrali di appello avevano accolto quell’opposizione relativamente alla procedibilità per parte del danno patrimoniale che, secondo la tesi d’accusa, Maccari avrebbe cagionato alla Regione quale Capo dell’Ufficio Stampa della Presidenza della Giunta, nella gestione di alcune iniziative legate ai ritiri estivi in Valle di squadre di calcio di serie A.

Il giudizio era stato quindi riassunto dalla Sezione giurisdizionale. La contestazione al Maccari era di 132.706,57 euro, quale mancato introito, da parte della Regione, dei proventi derivanti dalla vendita dei biglietti dei tornei di calcio “Valle d’Aosta” e “Monte Bianco”, tenutisi a Saint-Vincent ed Aosta, tra il 1999 e il 2001. Secondo la difesa di Maccari, rappresentata dall’avvocato Davide Sciulli, l'organizzatore delle manifestazioni era la società “Nikema” di Silvia Patruno, con la Regione a fare da “patrocinatore”, da “sponsor”, ma a non poter pretendere quegli incassi, da cui l’insussistenza degli addebiti nei confronti del suo assistito. 

Una tesi approfondita dai magistrati contabili, che in sentenza annotano come, ai fini della verifica della sussistenza del danno erariale, “non appare essenziale ascrivere alla Regione o, invece, a Nikema una formale qualità di organizzatore dei tornei calcistici oggetto del contendere” e neppure “accertare a chi spettassero i proventi dei biglietti d’ingresso”. Il dato saliente è invece “quello del concreto utilizzo di quei proventi e, più in generale, dei complessivi ricavi dei tornei stessi”.

Tale approfondimento per “verificare se tali ricavi siano stati integralmente destinati al pagamento delle spese concernenti quei tornei” e se, quindi, “le spese che per ciascun torneo si è concretamente sobbarcata la Regione corrispondano (o meno) a quelle sopravanzate rispetto al coacervo dei ricavi”. Da lì, una dettagliata analisi di cifre estratte dalla documentazione acquisita dalla Corte, affiancate alle dichiarazioni rese al riguardo (in memorie ed interrogatori, anche relativi al capitolo penale della vicenda) da Patruno e Maccari, che fa raggiungere al collegio giudicante due conclusioni.

La prima è che “va dunque disattesa la tesi attorea secondo cui i proventi dei biglietti d’ingresso di detti tornei, siccome non direttamente introitati dalla Regione, equivalgano sic et simpliciter ad un danno erariale”. “Può considerarsi dimostrato – continua la sentenza – che quei proventi sono stati largamente utilizzati, sia pur tramite Nikema, per finanziare le spese inerenti i tornei stessi”.

L’altra conclusione porta i magistrati ad affermare che nemmeno “il complessivo operato del Maccari, senz’altro opaco nei riguardi della Regione e palesemente irrispettoso delle norme che pur avrebbero legittimato una sponsorizzazione di quei tornei da parte dell’ente locale, può consentire a questa Corte di addossare al convenuto un risarcimento”, che, sostanzialmente, “corrisponderebbe, ad una mera sanzione”.

Tuttavia, i giudici, nella ricostruzione della vicenda rinvengono un danno erariale “in relazione a proventi che il Maccari ha distratto a proprio esclusivo favore”, così come riguardo a somme “che egli ha ordinato alla Patruno di sborsare, utilizzando i ricavi dei tornei, in riferimento però a spese palesemente esulanti dall’organizzazione” degli stessi.

La sentenza li elenca nel dettaglio: circa 2.000.000 di lire, “quali introiti dei biglietti del torneo 1999, che il convenuto si è fatto consegnare direttamente da un rivenditore di quei biglietti (non essendovi prova che il Maccari li abbia poi riversati a Nikema)”; il saldo attivo a consuntivo del torneo 2000, “ancorché la Patruno non ne abbia precisato l’ammontare, evidentemente però non irrisorio”; 24 milioni di lire, relativi al pagamento di due fatture dell’anno 2000; di bonifici “pur imprecisati nel quantum ma anch’essi verosimilmente non irrisori”, disposti da un conto corrente “aperto a nome di Nikema presso la banca di Gressan”; dei pagamenti di fornitori “di cui Nikema ignorava l’esistenza, ossia che non avevano ceduto beni o reso servizi in riferimento ai tornei”.

Per la corte, “in assenza di tali distrazioni ed esborsi sarebbe residuato un più elevato saldo attivo da ciascuno di quei tornei”. Di conseguenza, si sarebbe verificato “un meno consistente esborso, da parte della Regione, per ripianare via via tutte quelle spese rimaste invece insolute”. In conclusione, ad oltre tre lustri “dall’assai disinvolta gestione contabile dei tornei in argomento da parte del Maccari”, per la Corte risulta equo “liquidare in 25.000 euro il danno patrimoniale da lui arrecato alla Regione nella complessiva vicenda”.

Nel capitolo penale della vicenda, Maccari patteggiò un anno e due mesi di reclusione, uscendo di scena in sede di udienza preliminare. Per l'unica imputazione rimasta in essere, venne stabilito in seguito il “non luogo a procedere”.

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