La Procura della Corte dei Conti contro i “furbetti del sequestro”

Avviata dal procuratore Rizzi l'azione revocatoria contro i quattro consiglieri regionali, in carica ed ex, Rollandin, Fosson, Restano ed Isabellon.
La Corte dei Conti di Aosta - Immagine di archivio
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All'atto del sequestro conservativo di beni e depositi scattato lo scorso marzo nell'ambito dell'inchiesta della Corte dei conti sui finanziamenti regionali al Casinò, quattro destinatari della misura si erano distinti, secondo il procuratore Roberto Rizzi, per la "spiccata operosità nel compimento di atti dismissivi di cespiti e nella realizzazione di altre operazioni comunque in grado di render non aggredibili significative porzioni del patrimonio per il risarcimento dell'ipotizzato danno erariale".

Un'annotazione contenuta nel provvedimento cautelare e non rimasta senza conseguenze. La Procura contabile ha infatti avviato un'azione revocatoria nei confronti dei quattro amministratori pubblici, di oggi e ieri, ritenuti "furbetti del sequestro". Si tratta del consigliere regionale Augusto Rollandin, del presidente del Consiglio Valle Antonio Fosson, dell'assessore Claudio Restano e del già consigliere regionale Giuseppe Isabellon (quest'ultimo, destinatario di una doppia azione).

L'azione revocatoria è una procedura di garanzia del credito prevista dall'ordinamento, basata sull'agire in giudizio per far dichiarare inefficaci gli atti con i quali il potenziale debitore (in questo caso, i destinatari del sequestro) arrechi pregiudizio alle ragioni del creditore (l'amministrazione regionale, in caso di condanna). Nella sostanza, per far invalidare le azioni che, per la Procura contabile, sarebbero state mirate dai quattro a sottrarre risorse e patrimonio al sequestro.

Nella causa contabile sul Casinò, discussa nel merito l'altro ieri, mercoledì 11 luglio, e dalla sentenza attesa per l'autunno, il procuratore Rizzi contesta un presunto danno erariale da 140 milioni di euro (il secondo di sempre in Italia, legato a quattro operazioni di finanziamento, tra il 2012 e il 2015) ad un dirigente regionale e a ventuno amministratori pubblici. Nei confronti di questi ultimi era scattato il sequestro preventivo, confermato sia dopo l'opposizione al provvedimento dinanzi ad un giudice delegato, sia dopo una serie di successivi reclami esaminati da un collegio giudicante.

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