Genitori, siate pre-occupati per i vostri figli, non in ansia

La rubrica di questa settimana dedicata all'educazione e alla genitorialità si occupa dell'ansia che si genera quando i genitori investono tutto il loro capitale affettivo sui figli.
Basta un po’ di educazione

Eccoci qui. Abbiamo parlato dell’amore che non aiuta i figli a crescere? Oggi prendiamo in mano l’emozione correlata al troppo amore, che ormai dilaga come un virus nelle esistenze di genitori e figli: l’ansia.

Vi siete mai chiesti perché era un’emozione quasi sconosciuta ai genitori di 50 anni fa? Per una ragione molto semplice: famiglie diverse, spesso con un solo genitore lavoratore, stili di vita meno affannati e caotici, agende dei figli più destrutturate, libere dai 600 impegni che invece hanno oggi… ma soprattutto i genitori di 50 anni fa erano molto diversi da noi!

Molto più resilienti, poco inclini al senso di colpa, preoccupati più “del fare” che “dell’essere”, focalizzati sull’obiettivo di crescere figli sani, educati, rispettosi e soprattutto autonomi. Non voglio sembrare quella bucolica, che rimpiange il passato: anche nelle famiglie normative di un tempo c’erano parecchie magagne, in primis il fatto che i figli potessero esprimere poca creatività e pensiero decisionale, che diventassero dei giovani spesso poco realizzati (dai binari disegnati dalla famiglia era difficile uscire!), e non è un caso che oggi ci siano molti adulti che vanno in crisi perché devono “scoprire davvero chi sono”, magari occupandosi più di sé stessi che dei loro figli adolescenti. Possibili conseguenze di troppo autoritarismo.

La famiglia normativa di un tempo spesso tarpava le ali, mortificando l’espressività personale, meglio non desiderarne il ritorno; ma cosa accade oggi, nelle nostre rivoluzionarie famiglie affettive, dove c’è un plus di attenzione ai bisogni, alle emozioni, ai desideri e alle attitudini dei figli? Che generiamo ansia, e nelle peggiori delle situazioni anche attacchi di panico, proprio nei nostri figli tanto amati! Sembra paradossale, ma è il frutto di un meccanismo semplice e vischioso al tempo stesso. Nelle nostre famiglie si investe tutto il capitale affettivo nei figli: le mamme corrono tutto il giorno, per soddisfare i figli, un po’ taxiste, un po’ insegnanti di sostegno, un po’ dietiste, un po’ allenatrici. I papà a volte sono inseriti nei turni taxi, o magari si occupano della spesa in pausa pranzo mentre fanno l’ennesima telefonata di lavoro con l’auricolare (li riconoscete facilmente: vagano tra le corsie dei supermercati e sembra parlino da soli o alla confezione di latte che hanno in mano), in generale lavorano tantissimo, per guadagnare quanto permetta a tutti di stare bene. E nei week-end, ci sono gite, partite e altre mille attività. Un quadro decisamente rilassante!

Finché i bambini sono piccoli, l’ansia riguarda più le mamme e i papà; lo testimoniano le maestre, che devono arginare le domande ansiose e ansiogene di molti genitori (Ha mangiato a sufficienza? È felice in classe? È sicura che abbia capito bene la spiegazione sulle divisioni? Avrà qualche disturbo dell’apprendimento? Ma come mai avete fatto solo 3 quaderni di italiano, che la figlia della mia amica è già al quinto?). Alle medie e alle superiori, soprattutto in quelle scuole dove è alto il livello di impegno richiesto, l’ansia può attaccare anche i nostri amati figli: d’altronde, dopo tutto l’investimento fatto dai genitori per renderli felici, non possono permettersi di dire a mamma e papà che, come è fisiologico in adolescenza, loro sono infelici, odiano andare a Scuola, non vogliono più fare sport, la vita li annoia e da grandi sognano di lavorare in un bar di una spiaggia caraibica e non di diventare dei bravi “lavoratori ordinari”. No, non possono; e in quell’inadeguatezza di vissuti l’ansia trova spazio e sfogo!

Cosa possiamo fare, allora, per rompere questo vortice disfunzionale dell’ansia? Per prima cosa sediamoci, respiriamo, e vediamo se non ci siano alcuni mantra che potrebbero aiutarci, che potremmo cominciare a recitare ogni mattina:

1 – Io e te, caro figlio, siamo due entità separate. Ti voglio bene, ma devo insegnarti a vivere senza di me.
2 – Le tue sofferenze e le tue fatiche non sono mie; alcune proverò a evitartele, altre sarò io a procurartele, perché per il tuo bene devo limitare la tua libertà.
3 – La scuola è il tuo lavoro, io il mio ce l’ho già. Posso smettere di fare il pitbull appostato al tuo fianco per farti studiare.
4 – Posso decidere che fai meno attività, ma le fai con più calma. Che possiamo concederci le domeniche #nostress #zerosbatti, in cui il massimo della fatica sarà accendere il tostapane.
5 – Posso sopravvivere anche senza sentirti al cellulare 3 volte al giorno, e posso vivere serenamente anche se non ti do ancora un cellulare. Posso fidarmi di altri adulti che si occupano di te, e posso fidarmi di te.

Attenzione però! Non travisatemi. Provare ad abbassare i livelli di ansia non significa smettere di presidiare la vita dei figli! Anzi, di genitori distratti e ingenuamente fiduciosi ne incontro spesso, e quello sì che mi genera ansia (ansia da pedagogista).

Mettiamo in gioco piuttosto la pre-occupazione, nel senso etimologico del termine. Perché in educazione serve il pensiero anticipato. Se iniziamo a parlare con i nostri figli di alcool e droga a 16 anni, per esempio, siamo arrivati tardi!! Dobbiamo prepararci, sapere cosa accadrà nelle fasi di vita di nostro figlio, attrezzarci in anticipo di competenze, risorse e stimoli adeguati per fronteggiare eventuali crisi, quando magari vorrà lasciare la scuola o smettere l’attività agonistica. Dobbiamo essere solidi, resilienti, ma non agitati e ansiosi. Perché tanto, come dico spesso ironicamente, fortunatamente “i figli crescono nonostante noi genitori”!

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