Finanziamenti al Casinò, Procura e difese si affrontano per cinque ore alla Corte dei Conti

Si è tenuta oggi, mercoledì 11 luglio, l’udienza di merito sul presunto danno erariale da 140 milioni contestato dal procuratore Rizzi a ventuno consiglieri regionali in carica ed ex e a un dirigente regionale. La sentenza, verosimilmente, in autunno.
Il collegio giudicante della Corte dei Conti e, a sinistra, il procuratore Rizzi.
Cronaca

Quando, attorno alle 15.10 di oggi, mercoledì 11 luglio, il presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Pio Silvestri chiude l’udienza, pronunciando il rituale “la causa passa in decisione”, sono passate cinque ore dall’apertura del dibattimento. Il numero di citati in giudizio (ventun consiglieri regionali in carica, od ex, nonché un dirigente di piazza Deffeyes) e il fatto che i 140 milioni di euro di finanziamenti erogati dalla Regione al Casinò rappresentino la seconda contestazione di danno erariale a livello nazionale lasciavano presupporre uno scontro acceso tra difese e Procura. Lo si percepiva anche nelle varie udienze susseguitesi sul sequestro conservativo di beni e conti scattato per i politici coinvolti nell’inchiesta e così è stato.

Subito dopo la relazione introduttiva, mirata a ricordare perché – nella tesi accusatoria – i tre mutui e l’aumento di capitale operati da Giunta e Consiglio regionale a favore della casa da gioco tra il 2012 e il 2015 costituiscano danno erariale, ad accendere le polveri è stato il procuratore Roberto Rizzi, precisando di “non voler rispondere ad osservazioni”, contenute nelle memorie depositate dai legali, “che con ben poco fair-play processuale tentano di far passare la Procura per ufficio superficiale, se non poco capace”. “Ho troppa stima per la toga che porto”, ha chiosato elegantemente il magistrato.

Dopodiché, ha definito il rapporto tra Regione e Casinò caratterizzato da “un’anestetizzazione dei meccanismi di controllo”, con i finanziamenti a rappresentare una “straordinaria cura omeopatica”, in cui il malessere viene curato “con dosi massicce dello stesso principio”. Il rappresentante dell’accusa, al riguardo, ha fatto appello ad alcuni dati. Anzitutto, l’assottigliamento dei proventi del gioco, dai 139 milioni del 2003 ai 64 del 2015, con una riduzione quindi di oltre il 54%. Quindi, la conseguente riduzione del vantaggio economico per la Regione ad avere un Casinò: da oltre 139 milioni a poco meno di 6, nello stesso arco di tempo, cioè -93%. Un decremento quasi doppio di quello dei proventi dell’attività di gioco.

Non è quindi “un’opinione del superficiale procuratorino della più piccola Procura contabile d’Italia” che, nel periodo d’indagine, la ‘Casinò de la Vallée’ non presentasse “rasserenanti fondamentali”. Rizzi ha quindi ricordato l’intercettazione ambientale, svolta dalla Polizia nel quadro di un’indagine per riciclaggio, in cui l’allora presidente Augusto Rollandin definisce come “bollita” la partecipata regionale chiamata a gestire la casa da gioco. Un giudizio cui affianca la relazione del gennaio 2017 della seconda commissione del Consiglio regionale, in cui si legge che “perdura una crisi finanziaria, operativa e strutturale […] che trae principalmente origine da scelte” non sufficientemente ponderate.

Insomma, i finanziamenti venivano accordati ad una società che non aveva serie prospettive di recupero e se i mutui sono stati, in parte, resi è solo per la “rotatività delle iniezioni di liquidità”. Sempre nelle intercettazioni della Questura, è andato oltre il Procuratore regionale, si sente: “senza erogare altri soldi, andiamo tutti a bagno”. “Il dato – ha sottolineato l’accusa – è che i proventi non sono congrui rispetto al costo dell’attività. Si è dovuto infatti agire, ricorrendo allo strumento della legge Fornero, sulla voce più ingente, quella del personale. ‘Che vadano prima in cassa integrazione, poi licenziati’, c’è scritto nelle intercettazioni”.

L’indagine sugli “organismi di vertice dell’amministrazione” è stata sicuramente, secondo Rizzi, “una novità all’interno del panorama locale, forse anche nazionale”, ma “quando si tratta di gestire una mole di denaro pubblico che oltrepassa la soglia dell’umana comprensione”, bisogna “farlo nel rispetto della legge e solo di questo mi sono occupato”.

Di parere opposto alcuni difensori. Per l’avvocato Carlo Emanuele Gallo (che assiste i consiglieri ed ex di Union Valdôtaine ed Epav), l’impostazione che “la Procura scientemente ha voluto seguire non vuole colpire errori di gestione, ma perseguire opzioni della Giunta e del Consiglio in ordine al mantenimento del Casinò”. Si tratta però di valutazioni “di politica economica”, compiute in forza di leggi costituzionali, per cui gli amministratori non sono sindacabili. “Solo la collettività – ha tuonato il legale – è in grado di giudicare i suoi rappresentanti”.

L’avvocato Gianni Maria Saracco, che a inizio seduta si era visto respingere un’istanza di differimento dell’udienza contabile fino alla definizione della causa penale in corso, è tornato sul concetto. “Un altro giudice deve dire se quel bilancio (del Casinò, ndr) era falso, o meno. – ha affermato – Un altro giudice mi deve dire se quei piani aziendali erano verosimili, se le comunicazioni societarie sono state corrette. Da qui parte tutto. Se nel giudizio penale ci fosse una condanna, buona parte degli altri coinvolti qui sarebbero assolti”.

Difendendo Ennio Pastoret, l’avvocato Fabrizio Callà, ha ribadito il ruolo di Finaosta, chiamata alla “valutazione di compatibilità dei mutui”. Nella contestazione della Procura, ha sostenuto il legale, “se ne parla come una specie di ancella, di schiava, ma è un intermediario finanziario e, nella gestione specializzata, agisce come mandatario”.

Sull'assenza di una possibile condotta alternativa si è soffermato l’avvocato Stefano Marchesini, difensore di André Lanièce ed Emily Rini. “Se i miei assistiti avessero voluto aderire alla visione della Procura, discostandosi dal voto reso, quali argomenti avrebbero avuto per motivarlo?” si è chiesto a voce alta. “Interrompere il sostegno al terzo o quarto finanziamento… non sarebbe individuabile in questo comportamento una sorta di responsabilità, quantomeno politica? Secondo me, sì”.

I legali Massimiliano Sciulli e Jacques Fosson, che assistono gli allora consiglieri di Stella Alpina e Pnv-Ac, hanno presentato una perizia di parte, sviluppata dal consulente Corrado Ferriani, secondo cui “nel periodo 2011-2015, grazie all’esistenza del Casinò, sono stati riservati in Valle 78 milioni di imposte. Se gli aggiungiamo la quota dovuta dalla Casa da gioco alla Regione arriviamo a 112 milioni. Questo calcolo misura il profilo di rimproverabilità dei soggetti”.

Secondo l’avvocato Ascanio Donadio, difensore di Raimondo Donzel con il collega Domenico Palmas, siamo di fronte ad “un climax discendente del Procuratore. Parte dalla decozione della società e arriva alla crisi finanziaria. E oggi siamo qui a parlare di un Casinò che continua ad operare”. Concordi sulla mancata violazione delle norme sui trasferimenti alle partecipate, i legali Massimo Balì (per il senatore Albert Lanièce) e Francesco Saverio Marini (per il dirigente Peter Bieler): “la norma parla di trasferimenti definitivi, ma questi sono mutui con restituzione”.

Il collegio giudicante (composto, assieme al presidente Silvestri, dai giudici Paolo Cominelli e Alessandra Olessina) ha sessanta giorni (ma il termine non è perentorio) per completare la sentenza. A questi va aggiunta la sospensione dell’attività normalmente prevista per il mese di agosto. Verosimilmente per l’autunno si saprà quindi se il fuoco di fila delle difese ha avuto efficacia, o se la contestazione record della Procura era fondata.

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