Era uno studente aretino 28enne l’alpinista morto precipitando sul Cervino

Matteo Pes, nato e residente ad Arezzo, aveva iniziato l'ascensione attorno alle 5.30 di oggi, domenica 19 agosto, partendo dal rifugio “Duca degli Abruzzi”. Sulla “Cheminée”, a 3.700 metri, l'amico davanti a lui lo ha visto cadere.
Matteo Pes in Nepal, in una foto sul suo profilo Facebook.
Cronaca

Sono in strada verso il Canton Vallese i genitori di Matteo Pes, il 28enne di Arezzo morto stamattina sul Cervino. Precipitando per oltre trecento metri dal passaggio della Cheminée, a 3.700 metri, sulla via italiana alla vetta, è finito in un canalone della parete ovest, in territorio svizzero. Per questo, il recupero del corpo è stato effettuato da “Air Zermatt”. Domattina sono previste le operazioni di riconoscimento ufficiale, affidate alla Polizia cantonale elvetica.

Nel pomeriggio di oggi, domenica 19 agosto, dopo che il Soccorso Alpino Valdostano lo ha trasportato in elicottero dalla Capanna Carrel, dov'era salito per dare l'allarme, a Cervinia, il compagno di ascensione della vittima, due anni più vecchio, è stato sentito dai finanzieri del Sagf del Breuil. Ha spiegato che, durante la salita, iniziata stamane verso le 5.30 dal rifugio “Duca degli Abruzzi all'Ordiondé”, era il primo del gruppo e che aveva appena finito di affrontare l'obbligato tratto verticale, attrezzato con una corda.

A quel punto si è girato, con Matteo un paio di metri più in basso. Il tempo di scambiare qualche parola e, dopo aver sentito dire all'amico che si sentiva stanco, lo ha visto cadere, verosimilmente per aver perso la presa della fune. Alle “Fiamme gialle” comandate dal maresciallo Massimiliano Giovannini, il superstite ha altresì raccontato come l'ascensione sulla “Gran Becca” fosse stata pianificata da Pes, studiando tempi e riferimenti, pure attraverso dei video reperiti in rete, e che il loro progetto era di arrivare in vetta e ridiscendere in giornata.

Una previsione non alla portata di chiunque, che difficilmente i due sarebbbero riusciti a rispettare. Dopo quasi sette ore di scalata erano infatti ancora sotto la capanna Carrel, a 3.830 metri, punto ancora nella fase iniziale della via normale italiana e che di solito costituisce la “tappa” ove sostare (normalmente per la notte), per poi lanciare l'attacco ai 4.478 metri della sommità del Monte tra Italia e Svizzera. Probabilmente, la fatica, variabile critica da valutare a priori, ha sconvolto i loro piani, fino a tradire Matteo, dall'esperienza alpinistica legata soprattutto alle Alpi Apuane, ambiente diverso dalla “Gran Becca”, in particolare per l'altitudine delle cime.

Pes, studente di storia all'Università di Firenze, lavorava anche in un bed & breakfast di Arezzo. Pubblicando un video sul suo profilo Facebook, relativo alla salita sulla “ferrata” del Monte Contrario, appena il mese scorso, scriveva “In montagna non si bara”. Parole di cui questo, e i post precedenti, fanno trasparire coscienza. Con tutta probabilità, le avrebbe ricordate anche oggi. Magari, in cima alla “Cheminée”, avrebbe deciso, assieme al suo compagno, di fermarsi alla “Carrel”, poco distante, per riprendere le energie. Purtroppo, non ci è arrivato.

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