È valdostana la responsabile dei gruppi francofoni dell’Aurora Northern Lights Center di Reykjavík

Arlène Lucianaz, da 3 anni nell'isola più a nord dell'Europa, sogna di diventare traduttrice di letteratura islandese e ad agosto inizierà a collaborare con il museo della capitale.
Arlène Lucianaz
Società

Cercare un posto nel mondo e trovarlo dove non ci si sarebbe mai immaginati di cercarlo. Arlène Lucianaz, 28 anni, è partita dalla Valdigne diversi anni fa e, prima di approdare come una moderna Ulisse a Reykjavík, il suo viaggio è stato lungo, ma significativo. Come per molti altri ragazzi valdostani che ora vivono lontani da Aosta, il percorso di Arlène inizia con Intercultura, il famoso programma di scambio culturale che permette agli adolescenti di vivere la loro prima esperienza fuori casa.

“Forse il mio destino è stato scritto nel momento in cui sono partita in Norvegia per un anno di scambio al liceo, era il 2007 ed avevo allora 16 anni. Quell’anno mi ha letteralmente cambiato la vita e al mio ritorno a casa non ero più la stessa persona: avevo scoperto che al di fuori della Valle esisteva tutto un mondo da conoscere e da capire, ma soprattutto mi ero innamorata perdutamente del Nord Europa, di quei Paesi freddi ma incredibilmente all’avanguardia, di quelle lingue all’apparenza così dure e di quel modo di vivere la vita così diverso da quello italiano, sempre così caotico e disorganizzato”.

Arlène torna in Valle e, al momento di decidere quale percorso universitario seguire, inizia una triennale in Francia: “ Mi sono iscritta ad una laurea triennale in studi nordici a Caen, in Normandia, dove c’è un ottimo dipartimento dedicato appunto allo studio delle lingue, lettere e culture nordiche. In quei tre anni mi sono specializzata nella lingua norvegese e ho cominciato anche ad imparare le basi della lingua islandese, che è una lingua più complessa in quanto a differenza del norvegese, danese e svedese che si sono evoluti e semplificati l’islandese è rimasto pressoché immutato rispetto alla lingua norrena parlata mille anni fa, mantenendo ad esempio il suo articolato sistema di declinazioni e coniugazioni. Quando ho dovuto decidere cosa fare dopo la triennale la confusione era tanta: avrei voluto ritornare in Norvegia per fare lì la laurea specialistica, ma è un paese dove la vita è molto cara, al che la mia professoressa di islandese, vista la passione che avevo messo nello studio di quella lingua e gli ottimi risultati che avevo ottenuto, mi ha parlato di una borsa di studio che il ministero dell’istruzione e della cultura islandese mette annualmente a disposizione per vivere un anno in Islanda, a Reykjavík, e iniziare una laurea triennale in islandese come lingua straniera”.

L’obiettivo del governo islandese è di spronare gli stranieri nell’apprendimento della lingua dell’isola, soprattutto per evitare che si perda, visto l’avanzare dell’inglese come lingua franca anche all’estremo nord. Arlène ottiene la borsa di studio non per un anno, ma per 3 anni consecutivi, dettaglio non di poco conto nell’inizio della sua avventura. La giovane valdostana è infatti ormai da 3 anni a Reykjavík: “Ho completato la mia triennale e a giugno di quest’anno mi sono finalmente laureata con la lode. Parte della mia tesi di laurea consisteva nella traduzione dall’islandese all’italiano di una parte del mio romanzo islandese preferito. Il mese prossimo saranno dunque tre anni che vivo qui in Islanda, tre anni stupendi in cui ho avuto modo di scoprire la bellezza incredibile di questo Paese, dove la natura è rude e selvaggia e dove il paesaggio da ammirare cambia continuamente: si passa infatti da geyser e fumarole a ghiacciai, da vulcani a distese di muschio, da deserti lavici a cascate mozzafiato, da aurore boreali nel periodo invernale al sole di mezzanotte d’estate. Vivere in Islanda però significa anche dover trascorrere mesi quasi completamente al buio; la luce gioca un ruolo importante sia sul corpo che sulla mente: d’inverno si diventa stanchi e tristi senza motivo, e la luce perenne durante l’estate stravolge i ritmi e rende difficile il sonno. L’Islanda non è quindi una terra adatta a tutti, credo che una persona non nativa debba essere davvero motivata per riuscire a vivere qui”.

La motivazione non manca di certo ad Arlène che, dopo aver trovato lavoro in un minimarket per mantenersi durante gli studi, ad agosto partirà con una nuova esperienza come responsabile dei gruppi francofoni nel museo dedicato alle boreali della capitale: “Inizierò a lavorare all’Aurora Northern Lights Center, dove tra le altre cose sarò la responsabile per quanto riguarda i gruppi francofoni; ci tengo a dirlo perché questo dimostra che la padronanza del francese non è inutile come spesso si vuole far pensare. Non vedo l’ora di iniziare questo nuovo capitolo della mia vita e vedere dove mi porterà!”.

Come spesso accade la nostalgia per il paese natale è un sentimento che torna a fasi alterne, ma l’odierna situazione italiana e la forte motivazione di Arlène non lasciano spazio a dubbi: “Non mi sono mai sentita libera come qui in Islanda, libera di essere me stessa senza aver sempre timore del giudizio altrui. Complessivamente ormai sono 6 anni che vivo all’estero e torno in Valle soltanto per brevi periodi durante le vacanze natalizie e d’estate. Per carità, la vita in Islanda non è tutta rose e fiori e di sicuro non è quel paese perfetto idealizzato dai media. Qui però mi sento finalmente libera e non per via dell’assenza di montagne spesso opprimenti, ma perché ho trovato il mio equilibrio e vivo in una terra bellissima e tollerante facendo ciò che mi piace. Tanto di cappello a coloro che restano e cercano concretamente di migliorare le cose, ma credo ci voglia altrettanta forza per partire e abbandonare i propri affetti e le proprie abitudini. Inoltre, quando si cominciano a fare esperienze all’estero si inizia a confrontarsi con nuove culture e diventa davvero difficile poi mandare giù certi atteggiamenti, soprattutto in un periodo critico come questo, dove il populismo e il razzismo la fanno da padroni in Italia. Detto questo l’Islanda mi è entrata nella pelle e ormai la sento come casa mia, anche se nessuna aurora di questo mondo potrà mai valere quanto l’abbraccio di una persona cara”.

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