Delitto di La Salle: alcool, sesso e gelosia nella furia omicida costata la vita ad Elio Milliery

Depositata la sentenza con cui il cubano Osmany Lugo Perez è stato condannato a 14 anni dal giudice Eugenio Gramola per l’omicidio del pensionato valdostano, avvenuto l’8 maggio 2015, a La Salle.
Osmany Lugo Perez
Cronaca

Quando ha inferto “49 coltellate” a Elio Milliery, il pensionato ucciso l’8 maggio 2015 e trovato cadavere non lontano dalla sua baita a La Salle, Osmany Lugo Perez era in preda ad una “furia omicida, probabilmente cagionata anche dall’abuso di droga ed alcool”. A metterlo nero su bianco è il giudice Eugenio Gramola, nella sentenza – depositata in questi giorni – con cui ha condannato il 34enne cubano a quattordici anni di reclusione per l’omicidio del 78enne valdostano.

Per il magistrato, il delitto affonda le sue radici nella “reazione di gelosia” manifestata da Milliery dopo aver sorpreso Perez – nell’abitazione in cui varie persone erano convenute per una giornata di festa – in atteggiamenti intimi con la sua ex moglie, divenuta nel frattempo “amica stretta” del pensionato. Tuttavia, a far degenerare la situazione ha contribuito in modo determinante lo stato di alterazione del cubano, anche perché lui e il valdostano “si conoscevano” e “pur avendo talvolta litigato” nel tempo, “avevano avuto occasione di bere qualche bicchiere insieme”.

Secondo la ricostruzione offerta dalla sentenza, la “festa in baita” ha inizio con il pranzo, al quale partecipano, verso le 12.30, non solo Milliery, Perez (che era stato accompagnato a La Salle, quel giorno, dalla sua nuova compagna) e la sua ex moglie di origini caraibiche, ma anche due connazionali di lei e un amico del pensionato. Il giudice annota, al riguardo, che tutti avevano consumato “rilevanti quantità di alcoolici”.

Dopo le 16.30, buona parte delle persone presenti si allontanano e il cubano e l’ex consorte rimangono così soli. Milliery li sorprende a consumare un “rapporto sessuale” e la donna, quando non manca molto alle 20, scappa dalla baita, perché ha ben presente “l’indole violenta del marito” e ha paura “di essere coinvolta nel litigio” che è certa scaturirà dalla situazione.

Il clima di tensione, però, pare rientrare, almeno in un primo tempo. Contattati telefonicamente, sia il pensionato, sia Lugo Perez sembrano “tranquilli”. Non solo: avvicinatasi all’abitazione verso le 20.40, la donna, per quanto non scenda dall’auto perché si sente ancora “poco fiduciosa”, vede il cubano prendere sottobraccio il valdostano.

Poco dopo, tenta di chiamare nuovamente i due uomini al telefono, trovando però i rispettivi cellulari spenti. La circostanza la allarma e quindi, alle 21, si rivolge al 112. Ad un certo punto, rimasta in zona, la donna si trova davanti Lugo Perez “scomposto, con la giacca aperta”. A testimoniare della “tranquillità” dei due uomini, tra le 20.30 e le 21, sono anche alcuni passanti che li vedono lungo la Statale (anche se una coppia riferisce di aver scorto “una chiazza di sangue sulla nuca del Milliery” e di aver tentato di avvicinarsi, facendo inversione di marcia, ma i due erano  ormai già lontani).

La situazione, secondo il giudice, degenera nel litigio che costerà la vita al pensionato “subito dopo le 21”. L’arma del delitto non è mai stata ritrovata e questo perché Perez ha usato, per colpire l’anziano, “un adeguato strumento, che ha fatto scomparire, verosimilmente gettandolo nel fiume”. Il “fotogramma” successivo è delle 23.15, quando il cubano viene individuato sulla statale. Addosso a sé ha “un orologio Tissot, due corni ungulati e un paio di occhiali da vista ripiegabili”: tutti oggetti appartenenti a Milliery.

Durante il processo chiusosi lo scorso 15 giugno, l’avvocato difensore di Lugo Perez aveva sostenuto l’eccesso colposo di legittima difesa. Una tesi basata sull’affermazione dell’imputato di aver semplicemente reagito al gesto di Milliery, che aveva estratto il suo coltello Opinel (oggetto di perizia durante il procedimento, dalla quale è emersa l’incompatibilità con le ferite sul corpo dell’anziano).

Il magistrato ha però scartato questa versione: se il punto è difendersi da un’altra persona, per un individuo “della prestanza del Lugo Perez” non vi è “certo la necessità di massacrarlo con 49 coltellate”. Sarebbe bastato “uno spintone”. Esclusa anche l’aggravante della crudeltà, perché nel colpire non vi è stata la “volontà di causare maggiori sofferenze”, ma i fendenti inferti sono stati frutto dell’”incontrollato impeto omicida dal quale il Lugo Perez è stato colto”. 

A monte di tutto vi è comunque il fatto che, se non fosse alterato, “verosimilmente il Lugo Perez non commetterebbe altri fatti di violenza” e, in questo, c’è la possibilità, non preclusa dalla condanna, di ricostruirsi un “futuro”. Un avvenire che nell’immediato sarà però, per lui, dentro una cella, aspettando il giudizio di appello, per cui l’avvocato Meloni ha già impugnato la sentenza di primo grado.  

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