Dal Tar, un altro “no” alla Tramoter sull’opposizione all’interdittiva antimafia

Per i giudici amministrativi, l’assoluzione di Vincenzo e Gabriella Furfaro dalle accuse penali non palesa “una illogicità del quadro indiziario posto a fondamento” dell’informativa sfociata nell’interdittiva del 2015 e reiterata nello scorso maggio.
Cronaca

L’assoluzione di Vincenzo e Gabriella Furfaro dall’accusa di associazione finalizzata al traffico illecito e organizzato di rifiuti speciali e non pericolosi, decretata nel gennaio 2017 dal Tribunale di Aosta, non palesa “una illogicità del quadro indiziario posto a fondamento” dell’informativa sfociata nell’interdittiva antimafia emanata dal Questore nell’ottobre 2015 nei confronti dell’impresa “Tramoter” di Saint-Christophe e reiterata nel maggio scorso.

Lo scrivono, in una sentenza pubblicata oggi, martedì 6 febbraio, e relativa all’udienza dello scorso 12 dicembre, i giudici del Tribunale Amministrativo della Valle d’Aosta, respingendo l’impugnazione, presentata per l’azienda dai legali Pasquale Siciliano e Antonio Cimino, del provvedimento con cui il Questore, a fronte dell’istanza dell’impresa, seguita al verdetto in sede penale (Gabriella Furfaro si occupava dell’amministrazione della ditta, ma dall’istruttoria del Gruppo interforze era emerso che la gestione “di fatto” fosse del padre Vincenzo), manteneva – rinnovandola – l’interdizione a carico della società di movimento terra.

Per i magistrati amministrativi, non solo “la giurisprudenza è costante nell’affermare che gli elementi posti a base dell'informativa antimafia” possono “anche essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione”, ma “la sentenza invocata dalla ricorrente assolve gli imputati per l’assenza di prova dei fatti contestati, dovuta alla inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche disposte in un diverso procedimento”.

Pertanto, non è possibile sostenere che “sia emerso un fatto nuovo favorevole alla ricorrente che possa fare ritenere superati gli elementi che erano stati posti a fondamento dell'informativa” culminata nell’interdittiva del 2015, già dichiarata legittima dal Tar respingendo il ricorso depositato all’epoca dall’azienda. Di conseguenza, “in considerazione dell’assenza di rilievo determinante dell’unica circostanza nuova invocata” dalla “Tramoter”, la valutazione “della Questura che ha ritenuto il permanere di un pericolo di infiltrazione mafiosa sulla base degli stessi elementi posti a base della precedente informativa antimafia è esente dai vizi lamentati”.

Inoltre – scrivono ancora i giudici del Tar, citando sempre la giurisprudenza – “l'attualità degli elementi indizianti posti a fondamento di un'informativa interdittiva permane inalterata fino al sopraggiungere di fatti nuovi e ulteriori” e, nel caso della ditta di Saint-Christophe, evoluzioni “di segno favorevole” non se ne riscontrano. “Del resto – conclude la sentenza – il superamento del rischio di inquinamento mafioso è da ricondursi non tanto al trascorrere del tempo, bensì al sopraggiungere di fatti positivi che persuasivamente e fattivamente introducano elementi di inattendibilità della situazione rilevata in precedenza”. L’interdizione rimane quindi al momento in essere per l’azienda, che è stata anche condannata dal Tar a pagare le spese legali del giudizio a favore del Ministero dell’interno.

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