Caso Longarini: si complica la posizione degli indagati e “l’intreccio” si allarga con un nuovo nome

Dall’ordinanza con cui il Gip ha negato la revoca dei domiciliari per Cuomo e Longarini emerge la necessità di approfondire le “relazioni d’affari” tra il titolare del “Caseificio Valdostano” e il consigliere delegato del Forte di Bard, Gabriele Accornero
Pasquale Longarini
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Gli interrogatori di garanzia dello scorso 3 febbraio non hanno sciolto i dubbi che avevano condotto il Giudice delle Indagini Preliminari di Milano, Giuseppina Barbara, a disporre gli arresti domiciliari per Pasquale Longarini e Gerardo Cuomo. Anzi, nel rigettare le richieste di revoca della misura di custodia cautelare depositate dai legali dei due imputati, il magistrato scrive in sei pagine di ordinanza che “la gravità degli indizi di colpevolezza si è ulteriormente rafforzata”, dopo che i due arrestati sono comparsi dinanzi al Gip.

Le accuse sono, per entrambi, di induzione indebita a dare e promettere utilità e, per il solo ex Procuratore capo (il Csm ha avviato ieri la procedura di sospensione da funzioni e stipendio), di favoreggiamento personale. Secondo il Giudice che ha negato il ritorno in libertà, “sia Longarini che Cuomo hanno ammesso che effettivamente il primo si è reso disponibile nei confronti del secondo in plurime occasioni e, specificatamente, in quelle menzionate nell'ordinanza cautelare emessa, al fine di agevolarlo nella risoluzione di problematiche personali o lavorative". 

Per il Gip Barbara, con particolare riferimento a Longarini, ”tutti gli episodi emersi sono caratterizzati da modalità 'disinvolte e inopportune' di svolgere la funzione di pm”. Non solo: sono stati "sostanzialmente ammessi” dall’ormai ex pubblico ministero, “sia pure riconducendoli non alla volontà di favorire qualcuno ma ad una scelta di apertura e disponibilità all'utenza condivisa con la dirigenza dell'ufficio giudiziario”.

Il nuovo nome. Leggendo le carte del procedimento, non è solo la posizione di Pasquale Longarini a complicarsi. Spunta anche un nuovo nome. Rispetto all’accusa di aver fatto pressioni su Sergio Barathier (socio di riferimento dell’hotel “Royal & Golf” di Courmayeur e titolare della gioielleria “Aurum” su cui l’allora pm stava indagando), affinché concludesse una fornitura con il “Caseificio valdostano”, ditta di Cuomo, “Longarini ha ammesso di aver telefonato” al direttore dell’albergo, “per segnalare l’imprenditore e amico” quale fornitore di prodotti alimentari.

“Ciò avrebbe fatto – aggiunge il Gip – in un bar nei pressi del Palazzo di giustizia di Aosta in presenza di Gabriele Accornero, funzionario Finaosta e presidente del Forte di Bard, avendo appreso dallo stesso di un prossimo incontro tra Accornero, Cuomo e il responsabile dell’hotel”. Tale chiamata, “certamente è avvenuta dopo che la sera precedente, alle 18 del 3 gennaio, Cuomo si era recato presso il Royal insieme con Accornero”. Al riguardo, l’imprenditore campano ha dichiarato essersi trattato di “uno dei tanti approcci per concludere quel contratto” e che “il socio di maggioranza mi contestò che i miei prezzi erano troppo cari, tanto che li ho dovuti rivedere al ribasso”. 

Per il Gip, “solo dopo la telefonata di Longarini” al direttore dell’albergo (che la riferisce a Barathier), “la situazione si sbloccò in modo favorevole per Cuomo”, tant’è che il 7 gennaio dal “Royal & Golf” chiamarono l’allora Procuratore capo “per comunicargli che Cuomo sarebbe diventato fornitore dell’hotel e il successivo 8 gennaio il contratto fu concluso”. Conclude, in merito, il giudice Barbara: “la sequenza degli eventi dimostra come l’intervento di Longarini sia stato efficace e determinante per far ottenere un contratto che Cuomo e la sua azienda inseguivano da tempo”. 

Un’affermazione che il magistrato suffraga anche attraverso gli importi delle forniture del Caseificio valdostano all’albergo dell’alta valle, definite “assolutamente risibili negli anni antecedenti l’intervento del dottor Longarini (442 euro nel 2011, 3.198 euro nel 2012, 617 euro nel 2013, 6.542 euro nel 2014, 7.671 euro nel 2015)” e sono “miracolosamente lievitate nel 2016 raggiungendo il considerevole importo di 106 mila euro”.  

Circostanze per cui, “l’affermazione di Longarini che lo stesso avrebbe segnalato Cuomo” al direttore dell’albergo “di sua iniziativa e senza collegare l’hotel Royal a Barathier, che in quel momento era già da lui indagato, è smentita dalle risultanze investigative e dalla sequenza degli eventi ed è contraria alla logica e scarsamente credibile”. 

Le altre contestazioni. Il Gip Barbara, rispetto ad altre contestazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare, rileva poi come il viaggio in Marocco effettuato nello scorso settembre da Longarini, assieme a Cuomo e a Claudio Leo Personnettaz, altro uomo d’affari valdostano con interessi nella Repubblica Ceca, sia stato ammesso in interrogatorio dai due indagati, che l’hanno definito come “di piacere”. Le spese “sono state sostenute dai due imprenditori” e, in merito, “Longarini non è stato in grado di fornire a questo giudice alcuna spiegazione, limitandosi a definire il fatto “una leggerezza” da lui commessa”.  

Relativamente all’accusa di favoreggiamento personale mossa al solo Longarini (relativa, secondo i pm milanesi che hanno indagato, all’aver riferito al titolare del “Caseificio valdostano” di un indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino che lo vedeva quale soggetto “di interesse investigativo”, in ragione delle osservate ripetute frequentazioni con il pluripregiudicato Giuseppe Nirta), “appare oltremodo strano che” l’ex Procuratore capo aostano “avendo appreso dei rapporti tra Cuomo e Nirta, invece di interrompere o diradare i rapporti con l'imprenditore campano, non solo abbia continuato a frequentarlo assiduamente fino al giorno dell’arresto”, ma lo abbia “'segnalato' quale fornitore del famigerato hotel di Courmayeur e abbia accettato di farsi pagare da lui viaggio e soggiorno in Marocco”.

Per queste ragioni, per il ritorno (e per l’ampliarsi) dell’“intreccio” già emerso nelle indagini e nell’ordinanza che ha fatto finire in manette i due indagati, oltre a negare la revoca delle misure cautelari scattate per i due indagati lo scorso 30 gennaio, il Giudice per le Indagini Preliminari inserisce in ordinanza la necessità di "accertare la natura dei rapporti intrattenuti dal dottor Longarini con altri soggetti emersi nell’indagine" ed anche di fare luce sul “ruolo di Claudio Leo Personettaz e di Gabriele Accornero e alle loro relazioni di affari con Cuomo”

Infine, sui bonifici ricevuti da Longarini nel 2013 e nel 2014 da un altro imprenditore, Francesco Muscianesi, dell’ammontare di 55mila euro, il Gip Barbara osserva come il magistrato “ha fornito spiegazioni che allo stato appaiono poco plausibili e prive di riscontro documentale”. Muscianesi, si legge ancora, "avrebbe accettato di rimborsare all'indagato parte delle spese sostenute da Longarini per lavori idraulici all'interno dell'appartamento e di rifacimento del tetto dell'edificio in cui il magistrato abita ritenendosi responsabile in qualità di venditore dell'immobile, vendita peraltro avvenuta circa 15 anni prima”.

Il quadro complessivo, rende, secondo il Giudice "attuali e concreti" i pericoli di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove, elementi alla base della custodia cautelare, la cui revoca richiesta dai difensori degli indagati è quindi stata rigettata. Il regime di detenzione domiciliare continua quindi per entrambi gli arrestati, ma Cuomo potrà svolgere attività lavorativa dalle 8 alle 13 dei giorni dal lunedì al venerdì, perché – scrive ancora il Gip – “alcuni istituti bancari hanno già sospeso gli affidamenti al Caseificio valdostano srl in conseguenza della misura cautelare" e "in modo da evitarne il tracollo e la conseguente perdita del posto di lavoro da parte dei numerosi dipendenti".

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