Islam: pillole di cultura contro la paura

Si è concluso a Chatillon il corso dedicato a “Cenni di storia dell’Islam e dei paesi arabi”, avviato anche ad Aosta. La grande partecipazione testimonia un'attenzione crescente per il mondo islamico.
Il corso “Cenni di storia dell’Islam e dei paesi arabi” a Chatillon
Cultura

Contro il virus della paura esiste un antidoto universale, da prendere senza riserve, possibilmente in dosi non omeopatiche: la cultura e la conoscenza. Cresce, nei valdostani, la voglia di capire e di approfondire l’Islam, una tendenza che si è affermata ancora prima degli attentati dello scorso gennaio a Parigi. Dal 2014 l’Università della Terza Età (aperta a tutti, a dispetto del nome, a partire dai 35 anni di età) organizza, a Chatillon e ad Aosta, un corso intitolato “Cenni di storia dell’Islam e dei paesi arabi”, tenuto dal giornalista Roberto Mancini. Alle lezioni, ogni settimana, partecipano 100 -130 persone, numeri lusinghieri per la piccola realtà locale. “Esiste una comunità valdostana che apprezza veramente la diversità culturale, e non solo la propria” sottolinea con soddisfazione Mancini. Ad accomunare gli studenti, una vivace curiosità intellettuale, qualità che fortunatamente non si perde con l’età, come dimostra la signora Bianca Fabris, 94 anni da compiere, assidua frequentatrice del corso tenuto a Chatillon, appena concluso. “L’ho seguito con grande piacere per tre mesi, non ho perso una lezione” racconta. “Ho apprezzato molto le cartine giganti, che permettevano di capire e ricordare meglio. Adesso ho le idee un po’ più chiare, è stato un corso davvero appassionante”.
Particolare rilievo è stato dato al vocabolario, perché, per citare Moretti, “le parole sono importanti”: ormai alcuni termini come jihad, shari’a, umma, sono entrati nell’uso comune perdendo i loro significati originali, distorcendo la nostra percezione delle cose. L’obiettivo del corso di Chatillon – e di quello tenuto attualmente ad Aosta – è favorire la diffusione di un sapere minimo riguardo la storia e la cultura islamiche. “Non ho titoli accademici, non sono un docente, ma un giornalista e divulgatore” precisa Mancini. “Grande ammiratore di maestri inarrivabili come Mimmo Candido e Ettore Mo, cerco di restituire alle persone ciò che ho imparato studiando approfonditamente questo tema”.
A un mese dagli attacchi al Charlie Hebdo, mentre il dibattito si infiamma e si polarizza dividendo il campo tra falchi e colombe, l’ignoranza è un lusso che forse non ci possiamo più permettere. La conoscenza però implica la capacità di mettere da parte i pregiudizi, a favore di una maggiore lucidità e comprensione della realtà. “Il primo punto da chiarire è che l’Islam, a dispetto della rappresentazione semplicistica che a volte se ne fa, non è affatto monolitico” spiega il giornalista. “Oltre ai wahabiti, che difendono una visione intransigente e integralista del Corano, ci sono altre scuole coraniche, altre tradizioni ed evoluzioni del pensiero islamico, decisamente più aperte all’interpretazione delle scritture. Bisogna accostarsi con onestà e profondo rispetto a una religione che conta un miliardo e mezzo di seguaci nel mondo. L’Italia, da terra di emigrazione, è diventata, negli ultimi 20 anni, terra di immigrazione: abbiamo bisogno di conoscere meglio i nuovi arrivati, compresi quelli di cultura musulmana: persone che, ci tengo a ricordare, sono qui perché la nostra stessa economia ha bisogno di loro”.
 

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