La tradizione, come un’eredità, si trasmette nel tempo, attraverso le generazioni, anche se non è certo immutabile. Soprattutto se riguarda la Fiera di Sant’Orso ed i suoi 1015 anni di vita e di storia.
Ed immutabile non è neanche la Veillà di questa notte, forse un po’ in controtendenza rispetto ai numeri in crescita di questa edizione della Millenaria.
Al netto infatti della ‘spina dorsale’ della città’ – il tragitto che percorre il decumano intervallato da piazza Chanoux, sempre frequentatissimo – il resto di Aosta è sembrato non essere tanto coinvolto dalla festa.
E la percezione, anche nei punti di ristoro delle pro loco, è stata quella che non ci fosse la classica calca degli anni precedenti.
In tanti hanno scelto infatti le cantine private, ma anche qui ci sono sensazioni controverse: “Rispetto all’anno scorso – ci spiegano in una cantina in piazza Roncas – è passata decisamente meno gente. Non siamo aperti da molti anni, ma l’affluenza è sembrata diminuire progressivamente”.
Una festa che si è sviluppata comunque regolarmente per le strade del centro, dove non è mancato l’aspetto più caratterizzante della Veillà: i canti e i balli tradizionali dei gruppi folkloristici valdostani che hanno intrattenuto la gente fino a tarda ora.
A farla da padrone però, alla fine, sono stati i locali valdostani che hanno accolto chi voleva continuare a fare le ore piccole senza rinchiudersi in una delle tante ‘crotte’, che ormai – e questo sì sta soppiantando la tradizione – non sono aperte a tutti gli avventori ma quasi esclusivamente su invito.
Forse a sparigliare un po’ le carte è stato il freddo pungente, ritorno deciso dei ‘giorni della merla’, o forse anche la globalizzazione e la crisi economica stanno pian piano erodendo anche la Fiera di Sant’Orso, e soprattutto la sua Veillà.
O forse semplicemente è la presa d’atto che anche le tradizioni, a volte, sentono il peso del tempo e non possono certo essere immutabili.