Pirogas, il Tar ribadisce: “La legge approvata con il referendum riguarda la salute”

Sono state pubblicate solo ieri le motivazioni del Tar di Aosta sulla decisione di bocciare il ricorso del gruppo di imprese aggiudicatarie dell’appalto per la costruzione del pirogassificatore in Valle, annullato dalla Regione dopo il referendum.
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Cronaca

Attese da tempo sono arrivate solo ieri le motivazioni del Tar di Aosta sulla decisione di bocciare il ricorso del gruppo di imprese aggiudicatarie dell’appalto per la costruzione del pirogassificatore in Valle, annullato dalla Regione in seguito all’approvazione del referendum del 18 novembre scorso.
L’Associazione temporanea di imprese composta da Rea Dalmine, Gea, Valeco, Cogeis, Ivies aveva chiesto alla Regione un risarcimento di circa 21 milioni di euro.

I giudici nel dare ragione all’Amministrazione regionale spiegano nelle motivazioni della sentenza come la scelta di revocare la gara “non avrebbe infatti potuto essere diversa da quello in concreto adottata; il divieto di utilizzare impianti di trattamento a caldo, ivi compresi quelli “di pirolisi e gassificazione”, sancito dalla LR 33/2012 (ndr la legge referendaria), era infatti di portata tale da precludere la realizzazione dell’impianto di pirogassificazione oggetto dell’appalto revocato, e da comportare, come necessaria conseguenza, l’impossibilità di procedere oltre nella procedura di gara.”

Secondo le imprese ricorrenti la legge andava a vietare il divieto di realizzazione ed utilizzazione del pirogassificatore ma non gli altri servizi posti a gara, che avrebbero quindi potuto essere aggiudicati. Ipotesi rigettata dal Tar perché il servizio in concessione era quello di “gestione integrata dei rifiuti urbani della Valle d’Aosta” e quindi “lo scorporo di alcuni dei servizi posti a gara, oltre a risultare difficilmente armonizzabile non sarebbe comunque risultato legittimo in relazione ai principi di parità di trattamento, trasparenza e concorrenzialità che governano il settore delle procedure di evidenza pubblica.”

Le imprese ricorrenti lamentavano poi il fatto che la deliberazione di Giunta regionale di revoca della gara non avrebbe motivato in maniera sufficiente perché: "a) l’amministrazione resistente non avrebbe ancora individuato la portata applicativa della LR 33/2012, come dimostrato dalla istituzione di una commissione sul ciclo dei rifiuti; b) non vi sarebbe alcuna motivazione inerente i servizi diversi dalla realizzazione ed utilizzazione del pirogassificatore; c) non vi sarebbe alcuna motivazione inerente il bilanciamento fra interessi pubblici e privati; e ciò in una situazione in cui la posizione del raggruppamento ricorrente si sarebbe consolidata".
Rispondono i giudici “in considerazione del tenore della disposizione legislativa, che vieta radicalmente le tecniche di trattamento a caldo dei rifiuti, non si può fondatamente sostenere che residuasse all’amministrazione alcun margine di discrezionalità che permettesse di individuare utilizzi legittimi di tali tecniche, nemmeno delineando «…una serie di misure e parametri restrittivi…» “. Inoltre "la Regione –  spiega il Tar – conservava il potere di annullare in via di autotutela la procedura e le singole operazioni di gara, non ostando il provvedimento di aggiudicazione definitiva (e tanto meno quello di aggiudicazione provvisoria)”. Non essendo poi stata disposta l’aggiudicazione definitiva non c’era quindi spazio per la liquidazione di un indennizzo.

Importante, anche ai fini dei ricorsi pendenti davanti alla Corte Costituzionale, la questione dell’illegittimità costituzionale della legge referendaria, sollevata dalle imprese ricorrenti. Secondo quest’ultime la legge approvata il 18 novembre scorso riguarda la materia ambientale, ambito di competenza statale. Ipotesi rigettata dal Tar che ricorda  come “…le Regioni, nell’esercizio delle loro competenze, debbono rispettare la normativa statale di tutela dell’ambiente, ma possono stabilire per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.) livelli di tutela più elevati (vedi sentenze nn. 30 e 12 del 2009, 105, 104 e 62 del 2008). “ Secondo il Tar quindi, come già aveva sentenziato anche la Commissione regionale per i procedimenti referendari e il Tribunale di Aosta, la legge sottoposta a referendum ha per oggetto “la tutela della salute”.

Altra questione di illegittimità costituzionale, sollevata dalle imprese riguarda il fatto che la legge referendaria “determina come conseguenza inevitabile l’impossibilità di svolgere integralmente il ciclo di gestione dei rifiuti nel territorio regionale…”. Secondo i giudici però la parte ricorrente “non ha cura di precisare per quale motivo altre metodologie di trattamento dei rifiuti non permetterebbero di svolgere integralmente il ciclo di gestione nell’ambito del territorio regionale.”

Infine le imprese aggiudicatarie puntano il dito sulla questione dei rifiuti speciali non pericolosi: “le attività inerenti i quali sarebbero svolte in regime di concorrenzialità andando a ledere quindi i richiamati articoli della costituzione sotto il profilo della limitazione della libera circolazione di persone e cose e della lesione della libertà di iniziativa economica.”

Risponde il Tar “la LR 33/2012 non ha vietato l’ingresso in regione di rifiuti di tipo speciale prodotti fuori dal territorio regionale, ma ha vietato il trattamento a caldo «…dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi…..In ipotesi, potranno infatti – sussistendone le condizioni – essere trattati in ambito regionale, con metodologie diverse da quelle a caldo, anche rifiuti speciali prodotti fuori dal territorio regionale.”

 

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