Morte Morosini: “Per salvarsi bisogna trovare le persone giuste”

Un intervento del cardiologo Giuseppe Ciancamerla che esprime forti perplessità sul modo in cui è stato soccorso il giovane calciatore Marco Morosini, morto a 26 anni sul campo di calcio.
Piermario Morosini
I lettori di Aostasera, Società

Scena virtuale. Un giocatore di calcio all’improvviso sussulta, cade, si rialza una, due volte, poi stramazza a terra a faccia in giù e non
si muove più. Accorro sul campo, lo giro a pancia in su, lo chiamo per nome: Moro, Moro. Non mi risponde. Gli sollevo il mento e osservo il suo torace: non respira. Inizio a fare il massaggio cardiaco al ritmo di 100 al minuto e chiedo a gran voce di portare il defibrillatore. Arriva il “salvavita”, vengono applicati gli elettrodi sul torace: “analisi del ritmo in corso” “shock indicato” “carica in corso”.
Scarica, sussulto del torace, colpi di tosse. Moro riapre gli occhi, è vivo!

Scena reale. Un giocatore di calcio all’improvviso sussulta, cade, si rialza una, due volte, poi stramazza a terra a faccia in giù e non si
muove più. Accorrono sul campo, lo girano a pancia in su, lo chiamano per nome: Moro, Moro. Non risponde. Tutti si affollano intorno urlando o piangendo, creando un arcobaleno con i colori delle divise e delle magliette. Qualcuno accenna a un massaggio cardiaco per pochi attimi. Viene chiesto a gran voce di portare l’ambulanza. Le immagini si fanno confuse, passano i minuti e non si vedono né il defibrillatore né l’ambulanza, in compenso si vede benissimo la barella. Caricamento, sospensione del massaggio cardiaco, accenno a ventilazione, infilamento in ambulanza e via, verso la morte.

Sono passate 48 ore e ancora si sovrappongono nella mia mente le due scene descritte, creando in me quel desiderio irrealizzabile di essere lì. Sono 26 anni che insegno le manovre di rianimazione. Ho avuto 5775 allievi, ultimamente sono circa 550 studenti delle quinte superiori ogni anno. Fanno pratica sui manichini, imparano l’uso del defibrillatore senza ricevere prima le istruzioni, visto che il suo utilizzo è talmente semplice che gli americani lo definiscono “a prova di idiota” (l’espressione in effetti a noi sembrerebbe offensiva, ma loro son fatti così). E’ proprio vero che per salvarsi bisogna trovarsi al posto giusto, nel momento giusto, tra le persone giuste. Tradotto in termini tecnici: con testimoni in grado di soccorrere e un bel defibrillatore.

dottor Giuseppe Ciancamerla
Cardiologo ad Aosta, componente del direttivo di CONACUORE (Coordinamento Nazionale Associazioni del Cuore), insegnante di
rianimazione cardiocerebrale

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